Avidità. Da dove nasce l’avidità? Puoi darmi degli strumenti per aiutarmi ad affrontarla? 16....1,,,16

Avidità

Avidità

Da dove nasce l’avidità? Puoi darmi degli strumenti per aiutarmi ad affrontarla?

È sufficiente comprendere la sua natura – per liberarsi dall’avidità non occorre altro: la comprensione in se stessa basterà a chiarire tutto il problema.

     L’uomo si sente pieno, soddisfatto, se è in armonia con l’universo; se non è in armonia, è vuoto, completamente vuoto. Da questo vuoto nasce l’avidità. L’avidità è un tentativo di colmarlo: col denaro, le case, i mobili, gli amici, gli amanti, con qualsiasi cosa, perché non sei capace di vivere come vuoto. Ti appare terrificante, ti sembra una vita da fantasma. Se sei vuoto, se dentro di te non c’è nulla, vivere è impossibile.

     Per avere la sensazione che dentro di te c’è tanto, ci sono solo due modi: o entri in armonia con l’universo… allora sei colmato dal tutto, da tutti i fiori e da tutte le stelle. Essi sono dentro di te esattamente come sono al di fuori di te. Questo è vero appagamento. Ma se entri in armonia con l’universo – e milioni di persone non lo fanno – allora il sistema più semplice è colmare il vuoto con qualsiasi spazzatura hai a disposizione.

     Una volta ho vissuto con un uomo. Era ricco, e aveva una bella casa. Aveva un certo interesse per le mie idee; aveva ascoltato alcuni dei miei discorsi, e mi aveva invitato dicendomi: “Perché vivere lontano, fuori città? Io ho una bella casa in città, molto grande; tu puoi averne la metà. Non ti farò pagare nulla; desidero solo avere la tua presenza in casa mia”.

     Io vivevo fuori città, tra i monti, ma per me era difficile da lì frequentare l’università. Da casa sua l’università era vicinissima. La sua casa aveva un giardino meraviglioso ed era situata nella migliore zona della città, quindi accettai il suo invito.

     Ma, arrivato a casa sua, non potevo credere ai miei occhi; aveva accumulato tanta di quella spazzatura che non c’era più posto dove vivere. La casa era grande, ma la sua collezione era ancora più grande… e anche del tutto stupida. Comprava qualsiasi oggetto che vedeva al mercato. Gli chiesi: “Che ne farai di tutte queste cose?”.

     Rispose: “Non si sa mai, un giorno potrebbero servirmi”.

     “Ma allora,” continuai io “dove posso vivere in questa casa?”. C’erano mobili d’ogni epoca… perché gli europei avevano lasciato il paese e avevano dovuto vendere tutte le loro cose. Non era mai abbastanza per lui; era riuscito a comprare tutto, anche cose di cui non aveva alcun bisogno. Nella sua veranda c’era una macchina sempre ferma, perché era troppo vecchia e rotta. Gli chiesi: “Perché non la butti via? Se non altro per fare un po’ di pulizia…”.

     Rispose: “Ma sta così bene nella veranda”.

Le gomme erano bucate; non serviva a nulla. Quando doveva muoverla da un posto all’altro, era costretto o a spingerla o a tirarla. Rimaneva lì a marcire. Mi disse: “L’ho avuta a un prezzo molto ragionevole. Apparteneva a una vecchia signora che faceva l’infermiera ed ora è tornata in Inghilterra”.

     Io replicai: “Se volevi una macchina, almeno potevi comprarne una che si muove”.

     Lui affermò: “Non m’interessa muovermi. Per quello va benissimo la mia bicicletta”. E anche la sua bicicletta era un vero fenomeno. Potevi accorgerti che stava arrivando già da un chilometro di distanza, perché faceva un gran rumore; non aveva né parafanghi né copricatena – doveva essere la prima bicicletta mai prodotta. Non aveva campanello.

Lui disse: “Il campanello non mi serve. Questa bicicletta fa tanto di quel rumore che la gente mi fa strada almeno un chilometro prima che arrivi. Ed è una cosa buona, perché nessuno vorrà rubarla”.

Gli chiesi: “Ma perché dici che nessuno vorrà rubarla?”. Rispose: “Nessun altro può usarla. È stata rubata due volte, e il ladro è stato preso subito… fa tanto rumore che tutti sanno che è mia, quindi il ladro è stato catturato subito e gli hanno chiesto: ‘Dove stai portando questa bicicletta?’.

     Posso lasciarla dove voglio. Vado a vedere un film – non la metto neanche nel parcheggio delle biciclette, perché lì dovrei pagare. La metto in un posto qualunque, e la ritrovo ancora lì quando torno. Tutti sanno che può solo darti dei problemi. Anche se riesci a portartela a casa, poi non potrai usarla in città – sarai preso sicuramente. Quindi è meglio lasciar perdere”.

     E aggiunse: “È veramente un oggetto raro”.

     Io dissi: “Dal modo in cui la descrivi, sembra proprio esserlo”.

In casa sua c’erano oggetti di ogni genere – radio che non funzionavano, perché le poteva avere per poco. Era giainista, ma aveva una statua rotta di Gesù Cristo sulla croce.

     Gli chiesi: “Perché l’hai comprata?”.

     Rispose: “Questa donna me l’ha data gratis quando ho comprato da lei la macchina – me l’ha offerta in regalo. Non credo in Gesù Cristo, ma non potevo rifiutare un oggetto d’arte”.

     Allora gli dissi: “Da oggi prenderò metà della casa, e tu prenderai l’altra metà; e la mia parte dovrà essere vuotata”.

     Fu felicissimo di prendersi tutto. La sua casa era già così piena che non era possibile muoversi; non riuscivi a trovare la strada. Si prese tutto. Aveva tanta di quella mobilia che aveva dovuto ammucchiarla sul sofà; certo, non poteva usarlo, perché non puoi sederti su un sofà che arriva a toccare il tetto. Gli chiesi: “Perché?”.

     Rispose: “Non capisci – il prezzo! E un giorno potrei sposarmi” – non era sposato – “e potrei avere figli e aver bisogno di tutte queste cose.Non preoccuparti, tutto mi sarà utile prima o poi”.

     Raccoglieva persino oggetti per strada, se trovava delle cose gettate via da altri. Un giorno stava andando con me dal giardino alla casa e vide il manubrio di una bicicletta, e lo raccolse. Gli chiesi: “Che te ne fai di un manubrio di bicicletta?”.

     Rispose: “Tu non capisci. Te lo mostrerò”. In bagno aveva una bicicletta quasi completa – mancavano solo alcune parti. E aggiunse: “Ho raccolto tutte queste cose per strada. E le sto mettendo insieme un po’ alla volta. Mancano pochissimi pezzi. Non c’è la catena, non c’è il sellino, ma me li procurerò. Qualcuno li butterà via un giorno. La vita è lunga, e che male c’è? Nel bagno sta benissimo”.

     Avidità significa semplicemente che provi una sensazione di vuoto profondo e vuoi colmarlo con qualsiasi cosa hai a disposizione, non importa che cosa. Quando comprendi questo fatto, non avrai più nulla a che fare con l’avidità. Avrai invece qualcosa a che fare con l’entrare in comunione con l’altro, in modo da far scomparire il vuoto interiore. Quando il vuoto scompare, scompare anche tutta l’avidità. Questo non vuol dire che ti metterai a vivere nudo; vuol dire che non vivrai al solo scopo di accumulare oggetti. Se ti servirà qualcosa, potrai averla.

     Ma ci sono pazzi in tutto il mondo, che continuano a collezionare… qualcuno ammucchia denaro, anche se non lo usa mai. È strano. Nella comune, avevamo creato un adesivo per le macchine: “Mosè guadagna, Gesù salva, Osho spende”.

     Un oggetto dev’essere utile; se non è utile non ha ragione di essere.

     E questo può accadere in diverse direzioni: la gente mangia; non ha fame, ma continua a ingoiare. Sanno che questo creerà sofferenza, che si ammaleranno, ma non riescono a fermarsi. Questo modo di mangiare è anch’esso un modo di riempire dei vuoti.

     Quindi ci possono essere molti modi e molte direzioni per cercare di colmare il vuoto, anche se alla fine non si riesce mai a colmarlo. Rimane vuoto, e tu resti infelice, perché non ti basta mai. Vuoi di più, e la richiesta per qualcosa in più è senza fine.

     Non penso che l’avidità sia desiderio; per me è una malattia esistenziale. Vuol dire che sei in armonia con l’universo, e solo la sintonia con il tutto ti può rendere sano. La sintonia con il tutto ti rende sacro.

     È strano, la parola health [salute], e la parola holy [sacro] derivano entrambe da wholeness [totalità]. Quando ti senti uno con il tutto, l’avidità scompare. In caso contrario… cosa hanno fatto le religioni? Hanno inteso l’avidità come desiderio, e quindi hanno cercato di reprimerlo; hanno affermato: “Non essere avido”. Allora uno si sposta all’estremo opposto, la rinuncia. La persona avida accumula e quella che vuole liberarsi dall’avidità rinuncia. Anche questa è una cosa senza fine.

     Mahavira non poté mai riconoscere Buddha come illuminato per il semplice motivo che Buddha aveva ancora con sé tre cambi d’abito, che sono assolutamente necessari. Uno è quello che usi, l’altro dev’essere lavato, e uno è per le emergenze… può accadere che il cambio d’abito non sia tornato dall’essere lavato o che non si sia asciugato, oppure può aver piovuto tutto il giorno. Tre cambi sembrano essere indispensabili, considerando le emergenze.

     Mahavira è assolutamente contrario all’avidità e questo fatto ha preso una forma estrema – vive nudo. Buddha porta con sé una ciotola per mendicare. Mahavira non può accettarlo, perché anche una ciotola per mendicare è una proprietà e, secondo lui, un illuminato non dovrebbe possedere nulla. Una ciotola per mendicare, fatta con una noce di cocco. Tagli il cocco a metà… e ci sono speciali noci di cocco, molto grandi. Le tagli a metà, togli via il frutto, e ti rimangono due ciotole, fatte dal guscio duro. Sono la cosa più economica che puoi avere, perché di solito vengono buttate via – non puoi mangiarle. Definire avido, possessivo, chi ha una ciotola per mendicare è ingiusto.

     Ma quando consideri l’avidità come desiderio e t’intestardisci e cerchi di opporti a essa, allora tutto diventa possesso. Mahavira viveva nudo e, invece di una ciotola per mendicare, formava una coppa con le sue stesse mani. Ma questa è una cosa molto difficile: le sue mani erano colme di cibo, quindi doveva mangiare come un animale, perché non poteva usare le mani – doveva usare direttamente la bocca per prendere il cibo dalle mani.

     Tutti mangiano seduti, ma Mahavira pensava che, se mangi seduto, mangi di più. Questo è andare all’estremo opposto. Insegnava a mangiare in piedi – in piedi, tenendo il cibo nelle mani, diventa una cosa faticosa. Puoi mangiare solo una volta al giorno, quindi ciò che puoi tenere nelle mani in una volta sola è il tuo pasto giornaliero. Devi consumarlo in piedi, e mescolando tutto insieme, dolce, salato… In questo modo Mahavira vuole renderlo poco gustoso, perché apprezzare il gusto vuol dire godere del corpo, godere della materia.

     Per me, l’avidità non è per nulla desiderio. Questo vuol dire che non c’è nulla che tu debba fare riguardo all’avidità. Devi solo comprendere il vuoto che stai cercando di colmare, e porti la domanda: “Perché sono vuoto? Quando l’esistenza è così piena, perché io sono vuoto? Forse ho perso la strada; non mi sto muovendo più nella stessa direzione, non sono più connesso con l’esistenza. Questa è la causa del mio sentirmi vuoto”.

     Connettiti con l’esistenza.

     Lasciati andare, e avvicinati all’esistenza in pace, in silenzio e in meditazione.

     E un giorno vedrai che sei colmo di gioia, di estasi, di benedizione fino a traboccare. Hai tanto che puoi dare al mondo intero e non esaurirti mai.
     Quel giorno, per la prima volta, non sentirai alcuna avidità – né di denaro, né di cibo né di qualunque altra cosa. Vivrai in modo naturale, e troverai tutto ciò di cui hai bisogno. E non vivrai più in un costante stato di avidità, una che non può essere mai soddisfatta, come una ferita che non guarisce mai.

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