Non È Una Guerra, È Una Lezione Di Vita... S. PASQUA 2020

Non È Una Guerra, È Una Lezione Di Vita

7 Aprile 2020 2375 lettori

È una lezione di vita. Non è una guerra. La guerra porta con sé odio, violenza, distruzione, mentre noi siamo chiamati, in questo particolare momento, a riscoprire valori come solidarietà, fratellanza, vicinanza verso i nostri simili e la natura. La metafora bellica, tanto cara a giornalisti e politici, ha il solo scopo di amplificare il contesto di una narrazione, incorniciandola alla perfezione per l’uso dei Tg e dei Talk show che, ricordiamocelo, più che informare, hanno lo scopo di vendere le notizie, accaparrandosi un pubblico quanto più possibile ampio. Dire che siamo in guerra è, a mio modesto parere, un puro esempio di sciatteria lessicale.

Una guerra non la combatti dal divano di casa o postando ripetutamente delle storie sul tuo social preferito. Nessun confine e nessuna frontiera è in pericolo, lì fuori non c’è nessun nemico da abbattere. E poi, diciamocelo sinceramente e serenamente: noi, come esseri umani, le guerre ce le facciamo dalla notte dei tempi. Siamo talmente bruti che da millenni ci eliminiamo l’un l’altro a colpi di pietre, bastoni, spade, lance, cannoni, mitragliatrici e bombe atomiche. Figuriamoci se abbiamo bisogno di una pandemia per dichiarare una guerra… a chi poi? Ad uno stupido virus che fa parte della natura delle cose?

In questo momento c’è una malattia che colpisce e lo fa senza distinzione di confini, frontiere, nazionalità, colore della pelle o status sociale. E questa è già una prima grande lezione di vita. Ci sta dicendo – come se ce ne fosse bisogno – che siamo tutti uguali. La diversità e le distinzioni sono il frutto della nostra mente limitata e limitante, l’apoteosi della nostra finitudine. Ci troviamo dinanzi ad una pandemia che, per essere affrontata, richiede un forte senso di responsabilità personale e collaborazione tra le comunità. Richiede un gesto controcorrente, di altruismo, in una società individualista, dove ognuno pensa per sé e a difendere i propri averi. E questa è una seconda lezione di vita.

Smettiamola di guardare sempre e solo il nostro piccolo e misero orticello fatto di egoismo, avidità e miseria spirituale. Sapete come finirà dopo che questa pandemia sarà finalmente passata? Che dovremo aiutarci l’un con l’altro! O prevarrà il senso di comunità oppure saremo destinati a mangiarci l’un con l’altro. “Nessuno si salva da solo” è stato il messaggio lanciato dal Papa sui lastroni bagnati di una piazza San Pietro silenziosa.

Questo virus, nel suo modo di essere contagioso, nel suo farci rimanere un po’ da soli con noi stessi, ci sta dicendo che l’errore, forse, è stato il prima. L’ingenuità nel credere che il nostro modello di vita fosse giusto, la cecità di credere di essere felici e non superficiali, la stoltezza di vedere un mondo che brucia e si accartoccia su se stesso – e su di noi – e far finta che fosse normale. L’errore nel considerare la legge del profitto come il metro regolatore di ogni cosa. Anziché investire nella sanità, per la cura di noi stessi, nella solidarietà, per rafforzare il senso di comunità, abbiamo preferito spendere in armamenti, per difenderci dal prossimo, dai nostri simili. Non è una lezione di vita anche questa?

Ci stiamo svegliando dal tepore di un tempo dove più importante era il possedere e non il sapere, l’epoca dell’inganno e non della verità, della disumanità e non della benevolenza. Ma non solo, era il tempo dell’insensibilità, della cecità, dell’egoismo, della codardia, dell’apparenza, della mediocrità, dell’incomprensione e soprattutto, del male, in tutte le sue forme. Forse, cari lettori, è arrivato il momento di ammettere che la malattia non è il virus. La malattia siamo noi!

Fino ad ora abbiamo vissuto convinti che la vita, in qualche sua maniera subdola, ci ingannasse. Che fosse ingiusta e crudele. Ci siamo dimenticati di noi stessi rincorrendo le lancette dell’orologio, con il nostro senso di onnipotenza, convinti di poter controllare lo scorrere del tempo. Così com’eravamo convinti che ci fosse ancora tempo, che domani nulla sarebbe successo e tutto poteva essere rimandato. Ci siamo sbagliati. È bastato un essere invisibile, trasportato nell’aria che respiriamo e che in poco più di un mese ha attraversato mari, monti e interi continenti, per mettere in ginocchio tutte le nostre convinzioni e abitudini.

Abbiamo creduto, nella nostra ignoranza e supponenza, di poter essere invincibili, di essere superiori a qualsiasi altro essere vivente presente sulla faccia della terra. E la natura? L’abbiamo deturpata e violentata, nel nome del dio denaro, convinti che Madre Terra non accusasse il colpo, per poterla sfruttare in eterno. Abbiamo preso, rubato, con mani tese, lacerando, tagliando, frantumando, abbattendo tutto quanto si presentava sul nostro cammino. La Terra l’abbiamo ammalata noi e ora il suo urlo di dolore riecheggia nella portata mondiale di una pandemia che per noi umani ha il sapore della catastrofe.

E adesso ci ritroviamo fermi, bastonati da una lezione di vita che non ci aspettavamo, che reputiamo ingiusta, che consideriamo una guerra. Ma l’esistenza è così, prima lancia piccoli segnali come campanelli, segnali che abbiamo sempre ignorato, e poi trova il modo di farsi sentire con le sue sirene sempre più forti. Ci sta dicendo che, con ogni mezzo, a qualunque costo, riuscirà a convincerti con le buone o con le cattive che così non va, che è arrivato il momento di prendere consapevolezza che come specie vivente siamo vicini all’autodistruzione.

“Il countdown è cominciato, la miccia è quasi del tutto consumata.
Questa è l’ultima chiamata. Per te, per me, per tutte le creature che popolano la Terra.
E per questo Pianeta martoriato, dalla cui vita dipende la nostra stessa sopravvivenza.”
Dal mio libroSchiavi del Tempo

Bisogna promuovere nuove forme di soggettività se vogliamo aspirare ad un cambiamento sociale ed epocale. Bisogna capire che libertà non è scegliere il colore dell’auto, che un abbraccio non è mai scontato, e le distanze non si misurano in chilometri. Si è distanti anche quando si è vicini in questa società dove parliamo senza ascoltare, mangiamo senza assaporare, facciamo l’amore senza sentire, camminiamo senza vedere, una società nella quale brancoliamo affannati, annebbiati dalle nostre cieche convinzioni.

La natura ha le sue regole e segue un disegno ignoto e talvolta violento. Il Mondo va avanti e a noi, comuni mortali, resta solo la facoltà di provare a comprendere, a cambiare il nostro approccio, le nostre convinzioni, il nostro sistema. Anche se è difficile, molto difficile, ma non abbiamo altra scelta. La verità, cari signori, è che niente sarà più come prima solo se impareremo la lezione, altrimenti tutto tornerà esattamente uguale a prima, con le nostre ataviche cattive pratiche e con la consapevolezza che, ancora una volta, l’umanità avrà perso un’opportunità per migliorarsi.

Forse oggi l’obiettivo principale non è di scoprire che cosa siamo,
ma piuttosto di rifiutare quello che siamo.
Dobbiamo immaginare e costruire ciò che potremmo essere.
Michel Foucault

Tragicomico

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