IL POCO DELL'UOMO E IL TUTTO DI DIO

Ciao amici,

Un giorno, non tanto lontano, era esattamente l’anno scorso, ad una pesca di beneficenza
ho pescato un libricino ( o è lui che ha pescato me ?) e me ne sono subito sentita attratta.

Ne ho copiato un capitolo che mi piaceva tanto e nel frattempo ho meditato su queste parole.

Ho così trovato una chiave perfetta per me e dato che amo condividere la posto sul nostro
forum perché chissà…… potrebbe essere valida anche per qualcun altro.

IL POCO DELL'UOMO E IL TUTTO DI DIO (tratto da Haiku Zenzen di D.Luciano Sanvito)

"Cinque pani e due pesci,
che sono per tutta questa gente? Portatemeli qua".

L'uomo ha tra le mani il suo poco; un poco che alcune volte egli ritiene essere il tutto, altre volte considera un niente...

Rimane un poco, come i cinque pani e i due pesci.

Il poco possono essere realtà positive: la fede, l'esperienza, la vita stessa; possono essere le realtà negative quali: le carenze, i problemi, le cose da sistemare e da fare, gli inizi. In mano dell'uomo c'è il poco, mai il tutto.

E l'uomo, che porta tra le mani della vita il suo poco, spesso rimane attaccato ad esso, ad esso si vincola e si aggrappa, ritenendolo importante e condizionante, sia esso ritenuto il tutto o il niente per lui. A questo poco l'uomo si attacca volentieri; anche noi siamo lì, con il sacchettino del nostro poco, tra la folla di quel Dio che moltiplica... per tutti, e ne avanzò anche!

E che fa questo Dio?
Per moltiplicare, chiede il poco dell'uomo, chiede il sacchettino dei pochi pani e pesci; chiede, in pratica, di dargli anche quelli, di non tenerti nemmeno quello "stretto necessario".

E’ un Dio che certo dona abbondanza, ma che prima ti toglie tutto quanto; se gli dai tutto, quel niente, tutto diventerà; se ti tieni stretto il tuo poco, a poco ti varrà.

E’ la mossa segreta del dividere del seguace di Cristo: non condividere il poco che hai, come parrebbe logico e comprensibile fare, non spezzare il pane con i tuoi simili, non aiutarli in questo modo, come invece potremmo giustamente pensare, no, no...

Il segreto dell'abbondanza sta nella rinuncia totale, nel metterti anche tu che avevi poco a non avere più del tutto, per darlo a quel Dio che solo con la tua collaborazione diverrà il Moltiplicatore, l'abbondanza, la pienezza.

Se spezzi il tuo poco, condividendolo con gli altri, certo non farai mai male; ma perché limitarsi a ricevere tutti delle briciole, quando è possibile avere pane in abbondanza?

Ecco il segreto dell'abbondanza, dell'intensità della moltiplicazione: rinunciare al tuo poco, per metterlo nelle mani di Dio, che lo trasformerà in abbondanza per te e per tutti.

Porre quel sacchettino, al quale eri legato profondamente, che era il tuo cibo, necessario, indispensabile anzi, metterlo ai piedi di Dio, slegandoti da ogni legame con esso, da ogni possibilità di gestirlo per te e secondo le tue intenzioni.

E finché questo sacchettino dei pani e dei pesci contiene delle realtà negative: preoccupazioni, problemi, carenze, difetti, ossessioni... Finché si tratta di lasciare queste, il discorso potrebbe anche essere compreso, in fin dei conti; ma quando esso diventa esigente, quando ti chiede di lasciare quel poco che è positivo: i tuoi progetti, le tue attese, le realtà che hai, ciò che sono le tue convinzioni, la tua stessa fede...

Sì, pure quella, perché sia moltiplicata... Beh, qui occorre un atto di fiducia di non poco conto; c'è da mettere in gioco la stessa vita.

Lo faresti ancora, a questo punto, quando la stessa ragione dice: guarda al concreto, tieniti stretto ciò che hai, non rischiare di lasciare questi beni?

Eppure Dio chiede quei pani e quei pesci... Proprio i tuoi, in quel momento; ti chiederai: perché proprio i miei, perché non quelli degli altri? Perché proprio queste poche cose gli occorrono?

Non riesce a fare da sé? Non ce la fa a risolvere le cose senza chiedermi questo?

La tentazione di nascondere quel poco, di far finta di niente, è forte: mangeremo questo poco dividendocelo tra noi, amici!

E gli altri? Beh, per tutta questa gente non sarebbe certo ugualmente bastato...

Dio tende le sue mani, perché gli si offra quel poco." Dio, questo poco ci serve! Come faremo senza di esso a tirare avanti?

Dare a Dio anche quel poco? Cosa ci resterà in mano, poi?

Tu avrai tutto solo se non ti legherai a nulla, solo se sarai disponibile a dare anche quella piccola parte che ti restava, necessaria, utile e sicura, offrendola a Dio.

Che ti gioverebbe aver condiviso anche per tutta la vita quel poco, per darne un po' a tutti, impegnandoti e cercando in tutti i modi di migliorare le cose, spezzando quella poca realtà con gli altri, dandone un po' a tutti, mentre prima o poi essa si esaurirà e saremo daccapo, con gli stessi problemi?

Che ti giova aver spezzato quei pochi pani e pesci con gli amici, ora che adesso tutto il problema della fame riemerge?

Ma - dirai tu - non solo ho spezzato il pane con loro, il. mio pane, ma ho anche fatto di più: ho insegnato loro a produrre pane! Non è abbastanza?

No, è ancora troppo poco, il poco del sacchettino... del tuo sacchettino: è una bella opera, non però l'ottimo; è un'opera umana, di te, e quindi limitata; non è ancora l'opera di Dio, l'abbondanza.

Perché lo sia devi lasciare il tuo poco nelle sue mani; forse non hai sentito bene queste ultime parole: nelle sue mani!

Solo allora sarà possibile la moltiplicazione, quella di Dio; altrimenti, certo non sarà un male, ma sarà la scelta di ridursi a sommare, da poveri uomini, che non hanno saputo profittare della ricchezza di Dio.

Perché continuare a fare del bene a briciole, quando il Signore offre la possibilità del pane in abbondanza, gratis, per amore?

Perché immergerci in tanti sforzi umani, pur meritevoli, ma che ti esauriscono e ti fanno perdere serenità, mentre potresti rivestire i tuoi atti dell'amore, cioè dare il sacchettino nelle mani di Dio, che ti ridona le ceste piene?

Perché fare ancora da sé il bene, mentre il bene è l'Amore?

Perché costruirlo, pur con le più buone intenzioni, mentre c'è già e si tratta solo di imparare a trasmetterlo?

Perché fare cose piccole, mentre Dio ci chiede di fare cose grandi ed eterne?

E succede che allora, anche se la religione è una bella cosa, la si è ridotta ad un religioso umanesimo, che poco ha a che fare con l'Amore, con Dio.

Facciamo bene, ma non facciamo il Bene. Siamo buoni, ma senza vivere nella Bontà.

Dio c'entra sempre meno, nella nostra esperienza, con i nostri calcoli e i nostri resoconti e progetti di bontà umana.

Ma come: " non è bene darsi da fare per gli altri?" Sì.

Ma allora?

Occorre partire dall'offerta del sacchettino. Senza lo svuotarsi dei nostri anche più degni progetti, ma pur sempre nostri soltanto, non ci sarà azione d'Amore, ma solo un primo lontano gradino che porta ad Esso: semplicemente aiuto, condividere umano, simpatia, pietà umana... Che non coinvolge Dio, lo lascia in pace, là, nella sfera dell'astrattezza e dell'inconsistenza.

Oggi tante attività religiose stanno perdendo della loro anima, della fede: di Dio.

Sì, a parole Dio è dappertutto; ma poi, quando arrivi a vivere l'esperienza che ti viene proposta, Egli non c'è; è diventato l'assente, mentre emerge il problema umano, o le cose da fare, o un certo modo di pensare e di pregare, ma non Dio.

Una preghiera per la preghiera; una religione a forza minima, dove l'annuncio esplosivo di gioia di Gesù Cristo è divenuto lontano e sconosciuto.

Che sia proprio Lui, Gesù, l'illustre sconosciuto del cristianesimo?

Abbiamo preso la scorciatoia, pensando di arrivare prima e meglio; un tempo, dall'uomo si partiva e si andava a Dio, certi che si sarebbe giunti meglio all'uomo; ora, dall'uomo all'uomo, direttamente, con risultati certo più concreti ed efficaci.

Si è preferito dividere il contenuto del sacchettino con gli amici: più rapida ed efficace come soluzione. Ma ora che i risultati emergenti si rivelano essere soprattutto briciole, ecco riemergere con più chiarezza la validità del percorso più lungo, che coinvolgeva Dio; ecco il bisogno di Lui, non tanto per le soluzioni, ma per il modo di gestire i. problemi; ecco riscoprire il bisogno del mettere, nel fare, l'anima dell'essere.

Ecco riemergere, da dove lo si era celato, il bisogno dell'esperienza di Dio per rendere profondamente valida ogni altra realtà.

L'uomo di oggi è ancora lontano da Lui; ma già l'avvertire il problema è la via che, percorsa, lo avvicina a Lui.

Il poco dell'uomo ci permette di continuare a vivere, di sussistere ancora, di sopravvivere; il sacchettino con dentro il necessario ci permette certamente di non morire; ci siamo dimenticati però che più di questo l'importante è vivere, gustare la vita; il Dio moltiplicatore del nostro poco ce lo richiama.

Quanta gente che incontriamo, che si accontenta di poco, e si chiude in questa pochezza, mentre Dio sta offrendo il tutto, la pienezza!

E solo dopo, quando i pesci puzzano, perché è da tanto che sono chiusi lì dentro, quando il pane è troppo duro anche per poter essere mangiato ed è divenuto una muffa, ecco che allora si cerca, là dove mai fino ad allora si era cercato.

Dio moltiplica, per noi stessi e per gli altri, il poco che gli offriamo. Dal "poco di buono", al "tutto della grazia": ecco che cosa Dio ci sta chiedendo.

Scopriamo, adesso, la sana pazzia di quei folli che tutto hanno lasciato di sé, tutto quel loro poco, per lasciarsi afferrare dall'abbondanza della grazia; scopriamo l'essere capaci di fare poca cosa, in confronto alla realtà più importante: essere capaci di offrire.

Facendo, si rischia di fare soltanto; offrendo, si è certi che Lui fa, e si diventa capaci di ricevere e di donare.

L'anima... Sì, proprio quella manca: rivitalizzare le cose, le persone, gli avvenimenti e, prima di ogni altra cosa, noi stessi, la nostra anima, che ha perso la vita della fede, Dio stesso.

L'Anima Maiuscola, non quella minuscola, riferita all'uomo e alle proprie realtà; quella Originaria, che trasmette tutto. Si tratta allora di recuperare la fede, non per viverla di più, ma meglio; salire i gradini, non restare seduti e sdraiati al primo.

Il tutto di Dio viene dato attraverso coloro che non hanno più nulla; non a coloro che tutto gettano via, intendiamoci, no; a coloro che sanno di poter contare su tutto senza attaccarsi a niente, mai... nemmeno al proprio niente.

Il poco dell'uomo, anche se sfruttato fino in fondo, conduce inevitabilmente al nulla, quello negativo: vuotezza di significati, perdita del senso profondo, del gusto; diventa il nulla che impoverisce sempre più, che rende sempre meno, che ti priva, a poco a poco, anche di te stesso e della tua identità.

Il poco gettato nelle mani di Dio, offerto a Lui, al momento pare divenuto nulla, ma questo nulla ti permette di aprire te stesso a tutto, a ciò che Dio stesso ti dona come cibo: Se stesso; è il nulla della disponibilità, del non essere attaccato mai a nulla, nemmeno al nulla.

Ridonando a te, questo atteggiamento di disponibilità a tutto ti permette che tutto passi, attraverso di te, verso gli altri, senza mai fermarsi alla tua persona, che rimane sempre libera da ogni tutto, da ogni poco e da ogni niente, disponibili sempre più alla grazia di Dio.

E a volte, questa grazia sarà tutto, altre volte sarà poco, altre sarà il niente; ma, l'importante, è restare sempre nella disponibilità a lasciare ogni situazione, per mostrare che solo una Situazione esiste: Dio.

Ed eccoci qui, in un monastero di clausura, in uno dei luoghi dove le pazzie di Dio giocano "brutti scherzi"; uno di questi luoghi spesso dimenticati dagli uomini per il loro vero significato, ricordati e ammirati solo per le opere artistiche che dietro quelle mura spesso vi si possono trovare, al massimo un po' invidiati perché lì quella gente vive indisturbata e lontana dalle noie e seccature dei problemi quotidiani, immersa in luoghi spesso a contatto con la natura, della quale tutti oggi sentiamo il bisogno; spesso ci si lamenta di questi pazzi: che ci fanno lì a pregare, con tutto il da fare che c'è? Perché non escono un po' ad aiutare i loro amici in difficoltà? Possibile che non vedano tutti questi bisogni urgenti che li chiamano in causa? E che ci stanno a fare lì rintanati? Non si accorgono che stanno sprecando non solo l'occasione di aiutare gli altri, ma la loro stessa vita?

Queste domande, tanto frequenti, non trovano spesso risposte profonde e si perdono in un "Mah!" di compassione e commiserazione, poi si torna alla vita di sempre; e anche questi interrogativi si perdono nella mischia delle cose da fare, sommersi dagli altri problemi, dalle questioni "più importanti".

E la moltiplicazione continua, attraverso di loro, attraverso quei folli che, pensando di tenersi il cestino del necessario per sopravvivere, un giorno se lo sono sentiti richiedere da Dio, e non gli hanno detto di no; ed anche oggi, offrono, pongono di fronte a Dio il poco, il tanto, il nulla, tutto ciò che hanno, perché Egli lo moltiplichi per loro e per tutti; e gli altri?

Sommano; addizionano... Non pensano alla moltiplicazione, perché, secondo i loro "calcoli", quella non è un'operazione da fare, in questo momento. Somme e sottrazioni, niente moltiplicazioni... Cercate altri pesci, altri pani, mettiamoli insieme, vediamo di raccoglierne il più possibile; poi li divideremo equamente.

E che? Non ti pare giusto? Offrire perché sia moltiplicato? Pazzia, follia!

Primo, non vedi più niente tra le mani, e ciò è già una perdita!
Non vai più sul sicuro, rischi soltanto! E poi, chi ti garantisce che la moltiplicazione avverrà?

Fiducia? Già... e in chi? In Dio? Ma guarda che Dio ti chiede di fare, di fare!

Sarà Lui a fare, dici? Dopo? Non c'è tempo preciso? Ma guarda che occorre sbrigarsi, c'è urgenza! Non si può più aspettare! La gente muore di fame!!! E così, la gente che muore di fame oggi non solo trova poco sollievo in questa situazione, perché giungono solo palliativi e scarsi sostegni per debellare il flagello della mancanza di cibo; ma anche chi non muore di fame, oggi muore: sta morendo di fede.

Non crediamo più che è Dio il pane, il vero cibo dell'umanità; non ci teniamo più a che il nostro cibo quotidiano sia da Lui santificato; non glielo offriamo più... "Roba nostra", diciamo.

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