IL CAMMINO di SANTIAGO Folclore di un pellegrinaggio...TESTIMONIANZA DI LUCIO..

IL CAMMINO di SANTIAGO

Folclore di un pellegrinaggio

 

Sul Cammino ho fatto pace con Lorenzo, mio fratello.

Inutile raccontarsela come fanno i bravi borghesi, che in famiglia e tra parenti va sempre tutto bene, certo che si, se con dialoghi e interessi che non vadano oltre le previsioni meteo.

Per mio fratello ero il fratellino, bravo, studioso (hanno iniziato a bocciarmi in terza elementare, per poi continuare imperterriti sino a uno stiracchiato diploma, preso in una scuola serale, all’ombra delle ciminiere della Falk), di successo nel lavoro e con le donne.

Tutto un’invenzione, una telenovela , che però credendoci creava invidia e separazione, un muro che spesso e senza saperne il perché lo sentivo e lo vedevo invalicabile.

E forse lo vedeva invalicabile anche Lorenzo, quasi fosse originato da energie a noi estranee e che non potevamo controllare.

 

Che strano, l’unico ma che ritengo un gesto di un legame profondo, anche se nascosto e sommerso, è stato quello di chiedermi di voler venire a morire a casa mia, luogo a lui più congeniale, non da sua figlia, giustamente vedendo come non sarebbe stato ne educativo ne bello, lentamente morire con in casa una nipotina di credo tre, quattro anni.

 

Ora grazie a quelle birbe di particelle sub atomiche, che già solo per quella loro capacità di potersi trasformare da materia in energia mi hanno sempre affascinato, vedendone la loro ineccepibile superiorità al nostro anche se ostentato sapere, e ora anche in grado ( ne sono sempre state capaci, solo ora ce se ne siamo accorti ) di navigare a velocità ben superiore a quella della luce, cioè sopra ogni immaginazione dei nostri limiti, vedo quanto siano infinite le possibilità, compresa quella di comunicare tramite loro, che bene o male sono anche parti nostre, con il nostro clan di appartenenza, e a seconda dei casi influenzarlo in modo funzionale o non funzionale, quello che per la nostra mente è bene o male.

 

Camminando con questi pensieri per la testa, nella notte faccio un sogno molto chiaro, che vivo come una realtà.

A Cesana nella vecchia casa dei ricordi, sono in difficoltà ed è mio fratello Lorenzo che prendendosi cura e responsabilità ci alleggerisce. Faccio solo una parte marginale di supporto, e mi sento felice e sereno.

Poi un decollo trionfale, tre formazioni di aerei da turismo in formazione, decollano, e noi siamo su una di queste formazioni.

 

Avendo fatto la pace, sento il bisogno di perdonarlo per essere sempre stato un terribile snob, ma non solo lo perdono, lo capisco intimamente e profondamente.

Facciamo un patto che ci permetterà di essere ancora più vicini, sarò anche io uno snob … va bene tirarsela, ma almeno avere i numeri indispensabili per poterlo fare !

Ora in questa massa di “Pellegrini” ne vedo tutto il deleterio lato borghese travestito da spiritualità e forse è solo per questo che quando parliamo di spiritualità, la abbiamo già persa, le definizioni uccidono.

Un intellettuale di sinistra, se ha voluto così definirsi e perciò limitarsi, non potrà essere ne intelligente ne sociale, assordato dal rumore delle sue stesse classificazioni.

 

Sono sempre più convinto che tutto il nostro vivere è un semplice percorso scolastico e in tutto ciò che avviene c’è una bella e affascinante lezione, sempre!

 

Il difficile è trovarla.

 

 

 

Di immediato ecco una postilla per la mia “La Stanza Accanto”:

dovranno rimanere nella Stanza Accanto, non solo chi trova l’occasione per parlare di affari o criticare parenti e amici, quando uniti solo da un reciproco o unilaterale poco rispetto, ma dovranno anche rimanere, nella Stanza Accanto, i telefonini e le fotocamere digitali e i loro potenti flash.

 

Non sono interessato alle conversazioni altrui, sia che mi trovi sui treni delle Nord (in questi casi se troppo insistenti cambio carrozza) e in particolare anche quando sarò occupato nel mio ultimo viaggio, che immagino non facile, anche se molto interessante.

Perciò, tassativo, niente telefonini sia accesi o spenti che possano essere.

Precauzioni che potrebbero sembrare eccessive, ma che non lo sono, visto il veloce degrado nell’uso degli oggetti di consumo.

Poco tempo fa era inimmaginabile tenere un telefonino acceso, quando ospite anche da amici, oggi è la norma.

Fra poco il telefonino sarà ancora di più parte integrante ed essenziale della nostra persona, e così sarà sempre acceso, a teatro, in Chiesa per una comunicazione più diretta con Dio, in ospedale, a letto affaccendato in affari amorosi e anche quando, accasciati e piangenti sul letto di morte del caro estinto.

Ringrazio di questo avvertimento che mi era sfuggito.

 

Camminando per ore di fila molto mi è venuto alla mente, cose che credevo di sapere mentre di fatto erano solo parole astratte, come ad esempio “ non sappia la tua mano destra cosa fa la sinistra”.

Frase che spesso mi diceva mia madre, credendo o illudendosi che capissi.

Ma si lo ho sempre saputo, vuole dire essere riservati e non pettegoli, non c’è poi bisogno di farla tanto lunga.

Ma ci possono essere anche altre visuali che appaiono, qui su questo sentiero, pellegrino sul Sentiero di Santiago, con il suo rumoroso folklore.

Mi vengono in aiuto anche le particelle subatomiche, che hanno un comportamento potremmo dire ufficiale, quando non osservate, e un comportamento privato, quando osservate.

Molto riservate perché non ci è dato di conoscere, ovviamente solo per studiare, come si comportano nella loro intimità. Fanno cose strane, allora curiosi, piazziamo una telecamera ma non ci è dato di poter vedere niente di particolare perché da quel momento tutto si svolgerà nella più assoluta ufficiale normalità.

Meglio di noi automobilisti, quando vediamo che oltre al semaforo con le sue belle lampadine colorate, proprio in cima al palo c’è anche una telecamera; per passare aspettiamo il verde, se non aspettiamo sono 5 punti sulla patente e la sanzione.

Anche le particelle subatomiche se osservate, sono diligenti e disciplinate, quando non osservate si sbizzarriscono nei cavoli loro, del resto come noi automobilisti.

 

“ non sappia la destra … “ allora forse vuol dire diminuire il nostro quotidiano rumore, fatto di fretta, di troppe cose, di troppe telefonate, di troppi sms, di troppe parole, di troppi controlli.

Abbandonare la periferia caotica e la superficialità di chi ha fretta, abbandonare il rumore dei nostri stessi pensieri e attendere che nella quiete, possa accadere la magia di collegarci con la profondità del nostro centro.

 

Veniamo uccisi da questo eccesso di comunicazione, se Ungaretti avesse avuto il telefonino, sentendosi pervaso da ciò che è Immenso, avrebbe telefonato subito alla moglie che tanto amava, per subito comunicarle tanta bellezza.

“ Caro Giuseppe che pensieri, solo tu sai essere così profondo, ma non stancarti troppo, lascia perdere che poi di notte non dormi, vieni a casa, ti ho preparato un risottino con i funghi proprio come piace a te.”

E noi saremmo stati derubati da quel “M’illumino d’immenso” che ha fatto sognare generazioni.

 

 

 

E se silenzio e solitudine ci sono tanto cari, ecco che ci appaiono nostro malgrado.

Succede che in questi giorni cammino in compagnia di un italiano e un olandese, a volte si viaggia insieme per il piacere della compagnia, a volte per la pigrizia di prendere la decisione di lasciarsi.

 

E guarda cosa succede.

Arriviamo a Camponaraya dove ci attende un grande Monastero con oltre 200 letti, che avrebbe dovuto essere aperto ma in realtà era chiuso, e noi anche stanchi per aver camminato a lungo.

E così “Pellegrini” disorientati e telefoni in azione per trovare una soluzione.

Sulla porta del Monastero chiuso, c’era però l’indicazione di un Albergue a Cocabellus, dimora per i pellegrini, a soli 2 kilometri con 18 – 20 posti, un po’ pochi, ma io ottimista mi incammino lo stesso, la separazione è immediata e da qui assaporo il piacere di camminare da solo.

L’Albergue di Cocabellus lo raggiungo in meno di un’ora, ma come immaginabile è strapieno e il gestore, un giovane affascinante spagnolo, è tutto preso a rispedire i pellegrini, gentilmente e anche chiamando lui stesso dei taxi.

Osservo in disparte queste contrattazioni, al primo momento di calma mi avvicino sorridente al custode che parla solo spagnolo, e così più a gesti che a parole:

“ E’ tutto pieno come un uovo, vero?”.

“Sì, o vai avanti a piedi, o chiamo un taxi, come vuoi”.

“ Sono vecchio e stanco, è stata una tappa lunga, non voglio correre nella ricerca di un letto. Sono alpinista e ho dormito anche in parete attaccato a un chiodo e con il brutto tempo, ( ero già entrato nella mia nuova vita di vero snob) mi basta un pavimento, se di legno, meglio”

I nostri sguardi si incrociano con quella intensità che mille parole non saprebbero dare, mi fa segno di seguirlo per delle scale che portano nel sottotetto.

Il pavimento che mi indica è di un centenario legno massiccio, così come le travi del soffitto:

“ Molto bene, grazie, è quello che desideravo per potermi stendere e riposare”.

“ Ma mi raccomando, silenzio!”

“ Ma certo non sono mai stato un rumoroso”

“No, silenzio assoluto e non accendere la luce e dormi con le finestre aperte” mi dice indicandomi due nidi di rondini con i loro cinguettanti piccoli.

Sono emozionato, nessuno avrebbe potuto prepararmi un’accoglienza così perfetta in ogni minimo dettaglio.

Stendo la mantellina, la giacca a vento e il sacco in microfibra e guardando fuori dalla finestra spalancata, in questo ricco silenzio, sono avvolto da un infinito senso di gratitudine.

Cado in ginocchio sul giaciglio che inaspettato mi è apparso, esattamente come lo volevo.

Ringrazio mio nonno Davide che pur avendo a Milano la sua prima automobile targata 5 ( continuerò sempre così, mi piace aver fatto pace con Lorenzo, le mie particelle subatomiche ridono e ballano di questo mio snobbismo), mi portava per le nostre amate montagne, anche nei temporali per poi rifugiarci e dormire nei fienili e così godere di ciò che nella semplicità è grande.

Mia madre, la Baba, è un ricordo a tratti e tutto sfumato perché ancora bambino piccolo, nella mitica casa di campagna di Cesana, mi faceva dormire con le finestre aperte, anche lì altre rondini avevano fatto il loro nido e bisognava aspettare che i piccoli volassero via.

Dormirò benissimo, le rondini non russano, non hanno il telefonino che per disattenzione o noncuranza squilla mentre dormi o semplicemente cerchi di rilassare i muscoli stanchi, l’aria della notte è fresca, pulita e tonificante.

Le rondini al termine della giornata, vanno a dormire, non si unguentano e spalmano di puzzolenti creme, anch’esse rumorose nel loro odore chimico, cosa che invece accomuna questa massa di pellegrini.

Sui tempi che cambiano penso a mia nonna, era tassativamente vietato ungersi con creme solari in pubblico, i domestici, grazie al grande senso di libertà di mia nonna, lo potevano fare solo se erano in libera uscita.

 

 

 

Mi diverte quando sento dire che essere borghesi vuole anche dire comportarsi bene per difendere un certo stile di vita.

 

Ma quale !?

Innanzi tutto in questa standardizzazione di costumi e di pensiero, siamo tutti borghesi, dall’ ultima rata che abbiamo pagato per il nostro TV –Color.

Operai e contadini non esistono più, avendo anche loro più a che fare con il 740 che non con la fatica manuale.

Ho detto fatica manuale, perché se per manuale intendiamo l’ uso di una tastiera del pc o del telefonino, in questo caso siamo maestri.

E cosa vuole dire difendere questo certo stile di vita?

Essere borghesi, certo non è essere rivoluzionari; su questo penso non ci siano dubbi, insomma essere nella norma, persone normali, cioè:

  • Una doccia tutti i giorni ( con sapone e shampoo con tante formule chimiche, detergono meglio ).

  • Una casa in perfetto ordine e lucida, anche l’auto, al primo sfriso andare in carrozzeria.

  • Cambiare camicia tutti i giorni e lavarla con detersivi che lavino più bianco del bianco, e chi se frega dell’Adriatico, che tanto sono sputtanati anche i mari della Polinesia.

  • Farsi le capitali, gli USA, i paesi orientali e tutto quanto altro purché con viaggi organizzati.

  • Il fine settimana, è sacro, sempre in coda per raggiungere altri posti affollati.

  • La giornata di 24 ore è decisamente insufficiente, almeno 36.

 

Infatti il vero borghese era ai tempi di Gianna Preda, ora si è trasmutato nell’ uomo Normale.

Del resto i cambiamenti non sono ne belli ne brutti, ne lenti o veloci, questi sono solo i nostri giudizi, importante è semplicemente essere consapevoli che avvengono dei cambiamenti.

Se importantissime istituzioni, anche morali (se lo dicono loro) dovessero comportarsi, come si comportavano solo 50 anni fa, verrebbero immediatamente escluse dal gioco.

I cambiamenti esistono ed è solo interessante osservarli, quando poi siamo noi che ci osserviamo …

 

Tutta questa è astratta filosofia, ma veniamo al concreto, ai piedi … perché per fare 800 km a piedi ci vogliono i piedi, e in continuo movimento.

Arrivato a Santiago, mi sono tolto le scarpe e guardando i miei piedi nudi,

li ho molto ammirati, erano perfetti, senza una sola vescica o semplice rossore. Li ho accarezzati e molto ringraziati per il loro buon servizio; ho ringraziato anche i miei genitori per come mi hanno fatto, non ho mai avuto male a un muscolo o a un tendine; che compreso il cervello, sia anche questo solo perché sono anormale ?

 

Un inghippo però c’è stato, me ne accorgo in piena notte in un bagno di sudore e con brividi di freddo.

La sera prima già non avevo mangiato con il consueto appetito, poi nella notte sono stato molto male.

Sudori freddi e ancestrali pensieri di paura, quelli che ci assalgono solo con il buio della notte.

 

“ Io sono un cretino.

A 72 anni trovarsi in uno sperduto paesino della Spagna con centinaia di Km sul gobbo e altre centinaia per arrivare in fondo e tutti da fare a piedi, non è da persona sana.

Certo o cretino, che prima di partire potevi almeno andare dal medico per una visita di controllo, farti auscultare e che tutto fosse ok.

Già, ma allora o avrei rotto le scatole al mio amico medico e deltaplanista, o sarei finito nella routine di una sfilza di esami, appuntamenti e controlli in ospedale.

Beh, allora potevi almeno startene a casa tua a leggere qualche bel libro o al bar con gli amici, come fanno le persone di buon senso della tua età.”

 

Con questi pensieri che ronzano per la testa e che si ripetono con noia mortale e mancanza d’immaginazione, arriva la luce del mattino.

“ Beatrice, sto male”.

“ Bene, c’è una sola cosa da fare, andare da un medico, poi prenderemo una decisione”.

Decisione ineccepibile, del resto in questi frangenti Beatrice è impagabile.

Raggiunto un centro di primo soccorso vengo subito visitato da un giovanissimo medico e da una signora più anziana, penso anche lei medico.

Prima piacevole emozione, mi dicono di spogliarmi, mi stendo sul lettino e subito iniziano a palparmi.

Ricordi nascosti in una lontana e dimenticata infanzia, ora il palpare è solo per i seni e il culo delle belle donne e forse neanche per quello, da come siamo presi con internet e il virtuale.

Visita molto accurata e sento le loro mani che spingono, toccano e capiscono, poi un elettrocardiogramma.

Un rapido consulto e il verdetto finale: Sto benissimo, sono solo affaticato, infatti un riposo ristoratore di 24 ore in un vero albergo con tanto di vasca da bagno, dove si riprenderanno i miei muscoli, mi rimette in forma perfetta.

 

Sono felice, è solo stato fatto un controllo, come faccio quando porto la mia auto dal meccanico, prima di un lungo viaggio.

Non una pillola, non un esame supplementare, tanto per crearmi ansia e da parte loro cautelarsi da eventuali grane, ben sapendo quanto Santiago fosse ancora lontana.

Per il mio modo di pensare questo è elevato senso di responsabilità e conoscenza del proprio lavoro.

Quella conoscenza – intuito, da noi ormai persa e che una volta si chiamava, occhio clinico.

 

Le tappe che vengono indicate come le più faticose, sono in realtà per me le più facili, per forza sono sentieri di montagna, in salita e discesa, molto vari e piacevoli da percorrere.

Con uno di questi sentieri si arriva alla Cruz de Ferro, dove la tradizione vuole che il Pellegrino porti e lasci un sasso, simbolo di un peso inutile che si porta nella vita.

Improvvisamente mentre mi avvicino alla Cruz de Ferro ho un pensiero : “ Qui voglio lasciare il mio bisogno di essere approvato”, alzo gli occhi e prendo il primo sasso che vedo e mi ritrovo tra le mani un sasso che è un perfetto parallelepipedo !

Che strano, che sia perché sono un po’ rigido con me stesso e con gli altri ?

 

Camminando da solo il sacco è più leggero, sempre con poco cibo che pesa anche lui; ora mi ritrovo ad attraversare Melide, ma durante l’intervallo del mezzogiorno e con i negozi chiusi.

Sono aperti solo i Supermarket, che hanno il magico potere di deprimermi al solo ingresso, così proseguo imperterrito e felice.

Alcune ore dopo, nel bel mezzo di un bosco ombroso e lontano da ogni anche se piccolo paese, mi ritrovo accompagnato dalla mia corposa fame e mi dico: “ certo che potevi essere meno fesso ed entrare in quel Supermarket, adesso te la godi la tua fame ”.

Ma me la godo per poco, perché “aiutato dal sol della fortuna mia” improvvisamente mi appare tra le piante un tavolo con: banane, mele, arance, noci, marmellate, yogurt con frutti di bosco e altro ancora.

Non c’è nessuno, solo il cartellino dei prezzi e un salvadanaio … poco dopo sono con i miei piedi nudi che si riposano e si scaldano al sole, seduto sull’erba, sarà un pranzo meraviglioso ricordando mio nonno Davide.

Si mangiava sempre al sacco, che le ore più belle della giornata non si potevano certo perdere per mangiare con le gambe sotto la tavola, ad aspettare i comodi dei camerieri.

 

Si continua a camminare, su questo Cammino ne è diventata l’attività principale, confortati dal fatto che spesso si vedono cartelli che annunciano Santiago sempre più vicina.

Verso la fine ogni km le pietre miliare scandiscono questo tempo - spazio.

Mi fermo al km 104 e si accendono i miei soliti ricordi.

A Campo di Novate Mezzola c’è un paracarro con la scritta 104 che sono i Km da Milano.

Scritta che con mio nonno guardavamo con molto rispetto, perché a Campo arrivavamo da Milano con mia nonna su un carrozzino che lui trainava con la bicicletta.

Poi il 100, è un numero pieno e sempre inferiore.

Si inizia a sentire il sapore di una passeggiata che sta per finire.

Il 90 perché è la paura.

Il 69…

Insomma inizio a sentire aria di casa, Santiago è casa mia.

 

Ancora incontri casuali, una simpatica persona che parla una strana lingua, che sia ladino? Sì, ha un albergo - pensione in Val Badia. Ci perdiamo e nel cammino ci ritroviamo più volte, poi mentre ci diciamo piccole cose per trascorrere il tempo, guardando un cartello indicatore stilizzato del Cammino di Santiago, dice:

“ Sembra un disegno del Veronesi”

“ Hai ragione, Gigi Veronesi, un nostro caro amico di famiglia”

“ Ma tu pensa, una parete della mia pensione è affrescata dal Veronesi che con la moglie era solito passare le vacanze da noi e mio fratellino, visto Veronesi all’opera con i colori, gli dice di stare attento a imbrattare il muro, che al ritorno la mamma lo avrebbe sgridato “.

 

Strane coincidenze o anche qui le solite mattacchione particelle subatomiche ?

 

Il passo si fa più veloce, eccomi davanti alla testata pista dell’aeroporto di Santiago, poi ancora poche ore per lasciare il mio sacco che mi ha accompagnato in tutti questi giorni in un convento nel centro di Santiago.

 

Domani alla Cattedrale, fresco e riposato, per una Messa di ringraziamento ai Pellegrini.

Messa grande, quattro preti in abiti eleganti e gran rituale, uno è anche italiano, in questa Chiesa affollata, vengono citati tutti i paesi delle più disparate parti del Mondo, dei pellegrini che sono arrivati in quel giorno. Sento anche Milano ( avevo trovato pochissimi italiani e mi dicevo che l’italiani erano troppo furbi per fare tanta fatica), se nella Charta Peregrini avessi scritto Erba …

 

Una bella festa con una grandine di fotografie e lampi di flash!

A Disneyland non sarebbero riusciti a fare meglio.

 

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GRANDE

Lucio, sei un grande!

Alba

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