In che cosa consiste esattamente la reincarnazione?.........22....11....19

In che cosa consiste esattamente la reincarnazione?

La reincarnazione e il suo motore

Se è vero che nella nostra società occidentale molti fanno ancora spallucce o battute a riguardo, tuttavia l’idea della reincarnazione non fa più sorridere come qualche decina di anni fa.

Dobbiamo pur constatarlo, quest’idea ha tranquillamente fatto molta strada. E così, sembra che il venticinque per cento della popolazione europea e nordamericana la accetti… mentre i tre quarti di quel venticinque per cento dovrebbero la loro convinzione a un’esperienza personale di morte imminente. Una percentuale assai significativa, perché traduce l’importanza del vissuto di fronte alla semplice credenza o alla sola opinione.

A livello mondiale, le cifre sono ancora più significative perché si stima che un po’ più della metà della popolazione terrestre, cioè circa tre miliardi e mezzo di persone, aderisca con molta naturalezza al concetto di reincarnazione.

Evidentemente tutto ciò non prova nulla, ma merita almeno che ci si attardi sulla questione come su tutto ciò che essa induce di conseguenza. Ed è quindi questa la direzione in cui vi propongo di accompagnarmi…

Quali saranno le mie fonti o, piuttosto, il mio strumento di investigazione in un campo apparentemente così intangibile? La mia naturale capacità di staccare la mia coscienza dal corpo fisico o – se preferite – la mia «anima» dalla mia carne. Una capacità di cui mi avvalgo al solo scopo di comprendere meglio gli intimi meccanismi della vita.

Come al solito, non mi esprimerò quindi nel nome di nessuna filosofia, teoria o credenza, di nessuna Tradizione religiosa e, in ogni caso, di nessun dogma. La mia parola sarà libera; come sempre, sarà quella di un testimone dell’Invisibile il cui compito è di offrire delle chiavi di comprensione e di pacificazione a tutti noi che siamo i passeggeri del mondo di densità.

In che cosa consiste esattamente la reincarnazione?

La reincarnazione è la conseguenza di quella legge di natura che spinge ciò che chiamiamo globalmente un’anima a rivestire differenti corpi nel corso del tempo, e quindi a vivere una moltitudine di vite in condizioni spesso molto diverse. Il suo motore è l’apprendistato della Vita con la V maiuscola, allo scopo di sviluppare una Saggezza che porterà l’essere a raggiungere uno stato di Risveglio e poi la sua Liberazione, ossia la cessazione delle sue sofferenze andando verso un’infinita Completezza.

Tuttavia i termini utilizzati hanno poca importanza perché variano da una cultura all’altra; ciò che conta è comprendere bene il principio base della reincarnazione, quello della necessità di ogni coscienza di affinarsi per estrarsi progressivamente dal doloroso ingranaggio della dualità e conoscere infine lo stato di Unità.

Questa legge, lo vediamo, è di un’assoluta equità poiché, attraverso la sua matematica interna, fa passare tutti gli esseri coscienti di se stessi attraverso una moltitudine di esperienze nel cuore della Materia densa. Essa è ciò che mi spinge a dire che la densità si presenta dunque come il più esatto e più imparziale degli insegnanti… e questo significa anche che è il più intransigente, nonostante sia il più generoso e il più amorevole dei maestri.

Tutto sommato, ammettere tutto ciò e comprenderlo intellettualmente è molto facile se si riesce a liberarsi almeno un po’ dalla formattazione della nostra cultura occidentale. E allora ci diciamo «perché no?» e il nostro mentale riesce a soddisfarsi in fretta di ciò che vede come una filosofia accettabile di cui si può discutere amabilmente a tavola con argomentazioni in cui la logica trova il suo posto.

Ma dopo? Dopo, niente o non un granché, perché la comprensione reale dei meccanismi della reincarnazione e di tutto ciò che inducono non ha nulla a che fare con l’adesione a una dottrina filosofica, perché non si rivolge al mentale che ama argomentare e ascoltarsi. Essa lo polverizza. Esige un’integrazione che va a raggiungere l’essere fin nelle sue cellule. Ed è soprattutto in questa direzione che vi voglio condurre.

Che cos’è, di preciso, quella «cosa» che si reincarna?

La domanda può sorprendere ma non è banale, ed è giustificata in un mondo come il nostro in cui, non appena ci si dedica a questioni di ordine metafisico, ci si diverte a dissezionare per il piacere di parlare e perché ciò che è complesso sembra più realistico e più credibile di ciò che è semplice.

Ed è questo a fare la differenza tra un approccio strettamente metafisico e la ricerca spirituale nel senso originario del termine. Se il primo è importante, nobile e rispettabile, quando si aspira ad avanzare «dentro di sé» non conviene soffermarvisi.

Mi ricordo certe discussioni intense in cui un tempo mi lasciavo intrappolare, con discorsi in cui «si» cercava di dimostrarmi che quella «cosa» che si reincarna non è nient’altro che una sorta di particella della coscienza che veicola qualche ricordo o illusione di ricordo.

Si sarebbe quindi trattato di una scintilla che, per attrazione, finiva per trovare un corpo di carne più o meno compatibile con essa, in funzione di tutto un reticolo di circostanze che ci sfuggono.

Insomma, secondo questa teoria quella che si reincarna non sarebbe un’anima individualizzata ma una specie di «profumo» d’essere e di esperienze sorto da una personalità dissolta per sempre. In virtù di questo ragionamento, ogni forma di vita che scompare lascerebbe dunque – automaticamente e involontariamente – una «eredità vibratoria» a un’altra forma di vita nascente che in questo modo le darebbe il cambio, perlomeno in una certa misura.

Come afferma l’espressione che si usa in questi casi: «Perché semplificare le cose quando le possiamo complicare?».

Nei fatti la realtà è tutt’altra perché quella che si reincarna – cioè che si manifesta nuovamente in un corpo di carne – è davvero un’individualità, altrimenti il concetto di apprendimento della Vita non avrebbe alcun senso. E d’altronde, l’inevitabile perdita d’identità che la «teoria della scintilla» sottintende, non è francamente di natura tale da invitare a un «lavoro su di sé»!

Quando viviamo e impariamo, anche quando balbettiamo invece di parlare, è logico che raccogliamo i frutti delle nostre lezioni… ed è precisamente ciò che succede.

La natura dell’ego

Lo sanno tutti, l’ego ha davvero una cattiva reputazione. Lo vediamo all’origine di tutti i problemi, motore di tutti i conflitti che cominciano con quel famoso «io-me» con cui tutti gli esseri umani si identificano ogni mattina al risveglio.

Nonostante sia una realtà che non si può negare, tuttavia traduce soltanto una visione delle cose parziale e assai riduttiva. In effetti, ciò che chiamiamo ego non è soltanto un qualcosa che ci appesantisce. È il supporto della personalità, ciò che le permette di differenziarsi dagli altri, di esprimere il suo libero arbitrio, i suoi gusti, le sue capacità e le sue debolezze.

È lo strumento indispensabile alla presa di coscienza di se stessi, cioè della propria vita e dell’autonomia di pensiero che la abita. Per farla breve, l’ego è lo strumento imprescindibile dello sviluppo dell’essere.

Come tutti gli strumenti, è neutro. Tutto dipende quindi dal modo in cui lo si utilizza. È il «luogo» delle scelte, il terreno di base di ogni crescita, e anche lo spazio in cui ci si può addormentare e ristagnare.

È l’ego che si reincarna? Non soltanto, perché i nostri «io-me» variano per intensità e «colori», cioè per sensibilità, da una vita all’altra. È uno strumento, il prolungamento di una realtà che sta a monte.

Di conseguenza, si può vedere l’ego come una straordinaria chiave di progresso che a un certo punto della nostra evoluzione ci viene offerta dall’Intelligenza della Vita, ma sicuramente non come il Soffio che ci fa andare da una vita all’altra.

La natura dell’anima

E allora che cos’è che si reincarna? L’anima? In effetti la parola anima è quella che normalmente viene utilizzata in un simile contesto. È duttile e pratica.

Secondo me non è comunque soddisfacente almeno finché non ci si è presi la briga di definire che cosa si intende con questo termine, perché si fregia spesso di una connotazione religiosa. Infatti, non parlate di anima a uno psicologo! Nel suo ambito professionale non riuscirebbe a seguirvi.

D’altronde bisogna riconoscere che si tratta di un termine in cui ci sta di tutto un po’ e che non ha lo stesso significato per tutti; fluttua in funzione delle circostanze.

Per quanto mi riguarda, scelgo di utilizzarlo comunque in contesti precisi e sicuramente non come una parola passepartout. Perché? Perché, per quanto vago, malgrado tutto veicola una dimensione sacra che mi sembra di importanza primordiale nel momento in cui si cerca di penetrare i misteri del Vivente.

La Psicologia e la Psicanalisi optano per il temine psiche, ma tendono a dimenticarne l’origine greca: anch’esso suggerisce una certa sacralità, perché in greco psukein non significa altro che soffiare.

Il Soffio… per Pitagora e per gli Antichi, era inevitabilmente quello della Vita con la V maiuscola. Dottrine universitarie o meno, si torna sempre lì! Ma tutto questo non ci dice nulla di più su come si potrebbe definire l’anima…

La mia comprensione personale mi spinge a vedere una realtà «multistrato», un principio costituito da molti strati che si interpenetrano per generare un «universo vibratorio» destinato ad animare – nel vero senso della parola – un organismo di carne.

Questi strati energetici appartengono essenzialmente a tre grandi ordini che corrispondono a degli spazi interiori all’essere, e ognuno di questi spazi è dotato di una vera biologia sottile che gli è propria.

Senza entrare nei dettagli, a questo punto il concetto di anima può riassumersi nella combinazione:

  • di un corpo emotivo
  • di un corpo mentale
  • di un corpo causale.

Naturalmente ognuno di questi corpi – o realtà vibratorie – è poroso rispetto agli altri secondo diversi gradi di fluidità.

I primi due si definiscono da soli, perché il mondo delle emozioni e quello del mentale – o dell’intelletto – si manifestano chiaramente nella nostra vita quotidiana. Sono i principali artigiani dell’ego di base, con i suoi bisogni affettivi e la sua impellente necessità di affermare in mille modi di «esistere».

Quanto al terzo corpo, quello causale, per molti di noi richiede una piccola spiegazione. Diciamo in sintesi che veicola e traduce la memoria di ciò che siamo veramente, senza imbrogli. Memorizzando tutto ciò che abbiamo generato in quanto esseri individuali, parla delle cause di tutto ciò che stiamo vivendo… e quindi delle loro conseguenze attuali.

Il nostro corpo causale è quindi lo spazio sottile in cui si tesse quello che chiamiamo – con un po’ troppa facilità e in maniera assai fatalista – il nostro destino.

Nei fatti sono questi tre corpi – emotivo, mentale e causale – che, in uno stretto connubio, si reincarnano attraverso la creazione di un ego che traduce, lascia trasparire la realtà dell’anima.

In effetti bisogna capire bene che l’anima in sé non è dotata di una personalità, poiché è un principio che da una vita all’altra indossa una «maschera» diversa e che di conseguenza manifesta specificità molteplici in funzione dei ruoli che deve interpretare prolungandosi nella Materia per progredire e affinarsi.

Ciò che chiamiamo ego è quindi di fatto la maschera transitoria che l’anima adotta per una incarnazione e che nel corso delle esistenze esprime tratti di personalità differenti, un temperamento e caratteristiche multiple per esplorare una moltitudine di situazioni.

Riassumendo: nel corso dei tempi il principio «multistrato» dell’anima sta a capo di una successione di ego, cioè di «personaggi» diversi – retti essenzialmente dalle loro emozioni e dal loro intelletto – che saranno nutriti dalla loro banca dati causale che a loro volta nutriranno.

Se è vero che la nostra anima rimane il direttore d’orchestra delle nostre vite, sono i nostri ego a interpretare una moltitudine di ruoli, come dei musicisti che non soltanto devono imparare a suonare diversi strumenti, ma anche impegnarsi a decifrare tutti i tipi di spartito.

A questo punto sarà facile comprendere che i diversi tipi di strumento e di partitura che qui prendo a titolo d’esempio riguardano anche il sesso con cui ci incarniamo. Così dunque, se un’anima è dotata di una polarità di base – maschile o femminile – con cui procede nel corso dei Tempi, gli ego successivi per mezzo dei quali si «infonde» nella Materia possono tuttavia prendere a prestito corpi maschili o femminili, secondo le necessità del loro apprendimento della vita.

È evidente che simili cambiamenti di sesso sono più o meno ben accettati dalla personalità incarnata, diventando quindi possibili fonti di sofferenza.

di Daniel Meurois

 

 

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