Amare se stessi non significa essere egoisti....Volersi bene: come amare la parte più autentica di noi stessi

 

Amare se stessi non significa essere egoisti. Volersi bene è la condizione necessaria e indispensabile per essere a proprio agio nel mondo e per poter amare gli altri. E’ una condizione che si forma fin dall’infanzia, deriva dalla qualità della relazione che abbiamo avuto con chi si è preso cura di noi e rappresenta la base per la fiducia in noi stessi e per la nostra autostima.

Essere amato è un diritto per ogni nuovo essere che nasce. Continuare ad amarsi, a volersi bene, è un dovere che abbiamo nei confronti di noi stessi. Amarsi è la premessa per una vita piena e armonica, per una percezione di sé come persona degna di essere felice. Noi, così come siamo, siamo unici; in questo sta la nostra qualità: valiamo per il solo fatto di esistere, e non dobbiamo permettere a nessuno, nemmeno a noi stessi, di mettere in dubbio il nostro valore in quanto persona.

Essere consapevoli delle nostre fragilità così come dei nostri punti di forza, accettarci senza giudizio e con sguardo benevolo nei nostri confronti, ci consentirà di entrare in contatto con la profondità del nostro essere, permettendoci di essere pienamente noi stessi, ritrovando la nostra autenticità.

Volersi bene è quindi l’arte di prendersi cura di sé, stando in ascolto della propria anima, rispettando ciò che si sente e si desidera per se stessi. C’è, in ognuno di noi, una parte che ci chiede ogni giorno di essere accolta, ascoltata, contenuta, cullata e nutrita: cominciare a farlo significa cominciare a volersi bene. Il vero amore verso di noi parte dal riconoscimento di ciò che siamo, di ciò che sentiamo e di ciò che vogliamo. Accettare ciò che è dentro di noi è la premessa fondamentale per realizzare la nostra vera natura.

Per imparare ad amare dobbiamo quindi rimanere in contatto con ogni parte di noi, smettendo di farci la guerra: solo quando non saremo più in lotta con noi stessi saremo in grado di volerci bene e di volerne anche agli altri. Nella vita può capitare di smarrirsi temporaneamente, ma poi scopriamo che questo “perdersi” ci ha consentito di ritrovarci ancora più ricchi, come se i pezzi dispersi acquisissero nuovo valore in una visione più integrata.

E’ soprattutto attraverso la conquista della piena consapevolezza che possiamo procedere verso una crescita reale e profonda, per vedere realizzato il nuovo progetto esistenziale. E’ possibile imparare a stare con noi stessi, amandoci per come siamo, nel momento in cui riusciamo ad abbandonare ideali illusori e  perfetti che non fanno altro che allontanarci dalla nostra autenticità; troveremo il benessere quando saremo in sintonia con la nostra parte vera, riconoscendo che la nostra personalità è ricca di infinite sfaccettature, a volte in contraddizione tra loro, e sarà nella capacità di accoglierle tutte che troveremo la forza di darci il permesso di esprimerci per come siamo veramente.

Sarà più facile credere in noi stessi quando non ci faremo più autocritica in base ai successi o fallimenti ottenuti  nei vari ambiti della nostra vita e capiremo che la nostra autostima si basa soprattutto sulla considerazione positiva del nostro valore di persona, indipendentemente dai risultati che otteniamo, anche in virtù di quel potenziale umano teso verso l’autorealizzazione che non aspetta altro che esprimersi creativamente : conquisteremo allora uno stato di equilibrio , valorizzando gli aspetti positivi che ci caratterizzano, vivendo pienamente nel presente, trovando una base sicura interiorizzata che ci sosterrà indipendentemente dalle opinioni degli altri. Fondamentale, per prendersi cura di sé, è il riconoscimento dei propri bisogni.

RICOMINCIO DA ME PERDERSI PER RITROVARSI. Nel frastuono della vita e nella sollecitazione continua di stimoli provenienti da più parti (famiglia, figli, studio, lavoro, relazioni, impegni, doveri, affanni…), ma anche nella solitudine e nella lentezza delle incombenze quotidiane, sempre uguali, può accadere di perdere di vista un aspetto fondamentale del divenire, noi stessi. Magari abbiamo la sensazione che non ci manchi proprio nulla, di avere tutto sotto controllo, ma talvolta succede di avvertire una sorta di scoramento, un venir meno dell’interesse per il mondo esterno, un avvilimento del sentimento di sé, che si esprime in autorimproveri e una sensazioni di scontentezza, oltre all’inquietudine che fa da sfondo ai nostri pensieri e ai nostri gesti, come una malinconia che ci coglie inaspettatamente, o la percezione di un “non allineamento” con noi stessi: tutto questo ci segnala che qualche cosa non va.

E’ come se percepissimo la presenza di una “distanza” da uno stato di serenità ritenuta incolmabile rispetto a come vorremmo sentirci, uno spazio del quale però non abbiamo chiarezza. Ma è proprio in questo scarto che si crea la possibilità per l’instaurarsi di nuove dinamiche, in cui ritrovare l’energia per nuovi progetti. Se continuiamo ad accontentarci, accettando situazioni a cui invece vorremmo ribellarci, costringeremo il corpo a farsi contenitore di pressioni emotive, come rabbia, frustrazione, insoddisfazione, che potrebbero prima o poi esplodere portando alla somatizzazione o alla malattia. Anche vivere di abitudini, riducendo la vita ad una sequenza fissa di eventi, chiudendoci in una rete di schemi rigidi, soffocherà il principio vitale, portandoci a non occuparci di noi stessi, accettando di vivere male.

In questo caso la capacità di cambiare ha un ruolo fondamentale, soprattutto se riusciamo a ricontattare noi stessi, la nostra più intima natura, uscendo dai binari di una vita insoddisfacente, per intraprendere nuove vie che riattivano quella forza risanatrice che può rimettere in moto le nostre risorse. Possediamo risorse interiori capaci di modificare radicalmente la nostra esistenza, in grado di farci uscire da una vita piatta, stereotipata, monotona, ma spesso non ne siamo consapevoli o semplicemente non sappiamo come utilizzarle.

RIPARTIRE DA NOI. La conoscenza profonda di noi stessi ci porta a toccare il vero centro dell’energia vitale: è da tal punto che possiamo partire per una riappropriazione responsabile delle nostre potenzialità, per ritrovare un’energia positiva che renda possibile quello slancio, quella propulsione alla vita che ci condurrà alla nostra crescita, realizzazione e attualizzazione.

C’è un’energia pura, incontaminata, libera, che è pronta a venire alla luce; occorre farle posto, è l’energia del presente. E’ quella spinta interiore che Rogers definisce “tendenza attualizzante”, un’inclinazione inarrestabile che ci spinge a seguire la nostra linea di sviluppo nonostante difficoltà e ostacoli. La chiave di tutto è fidarsi di sé, contattando le proprie emozioni e ascoltando i propri sentimenti, aprendosi alla loro potenza, contrapponendo l’espressione alla repressione, abbandonando il dominio della mente razionale, per scendere un po’ più verso il cuore, mettendo in equilibrio ragione e sentimento.

Le persone che riescono nel compito dell’autorealizzazione hanno in comune alcuni aspetti: sanno contattare, comprendere e vivere le proprie emozioni, senza giudizio e aspettative, dimostrano una piena accettazione di sé; appaiono spontanee, naturali e autonome; hanno una buona autostima, in ognuno di noi non dipendono da altri e stanno bene anche da sole. Hanno un atteggiamento di apertura e disponibilità ai cambiamenti, sono flessibili e disposte a mettersi in discussione. Il cambiamento può far paura, è vero, perché rappresenta la transizione verso qualcosa di nuovo, che non conosciamo, lasciando una situazione che, anche se ci crea insoddisfazione, almeno è nota, prevedibile, un “copione” già recitato. In ognuno di noi convivono costantemente pulsioni conservatrici e pulsioni innovative: è quando entrano in conflitto  che viviamo il disagio, il malessere di un’esistenza vissuta non come vorremmo, ma come gli altri si aspettano; è quando diamo troppo ascolto ai devo, non posso, vorrei tanto ma… che schiacciamo la parte autentica di noi, costringendola così’ a trovare altre vie per farsi ascoltare attraverso disturbi psicosomatici, o attacchi di panico, ansia, depressione, o un pesante e costante malessere interiore.

Se non modifichiamo qualcosa in noi è impossibile realizzare cambiamenti significativi nella nostra vita. Per essere pienamente persona non occorre compiere scelte di vita clamorose, basta semplicemente penetrare in se stessi, accostarsi alla propria interiorità, mettersi in ascolto di sé: “Cosa voglio per me? Cosa non sono più disposto ad accettare? Dove posso cominciare a cambiare?”


LA RI-SINTONIZZAZIONE E IL RIEMERGERE DEL SE’. Il contatto profondo con la nostra interiorità, il riconoscimento di ciò di cui abbiamo veramente bisogno, è il primo passo per ri-sintonizzarci con noi stessi, per accogliere la nostra vera natura e condurla verso la libera espressione vitale: possiamo scegliere di incidere sulla nostra vita in senso progettuale assumendoci le nostre responsabilità, orientando il nostro agire in modo consapevole e verso mete che saremo noi a decidere. “Il peggior nemico del cambiamento è la ripetitività: dietro eventi apparentemente rassicuranti si cela spesso la sofferenza di una psiche repressa” (Giusti, 2004).

E’ per questo motivo che è importante riappropriarsi della consapevolezza partendo da ciò che si sente. La differenza tra “sono costretto” e “scelgo” è fondamentale per l’autodeterminazione della propria vita, così come la capacità di scegliere è fondamentale per la salute psicologica e l’autosviluppo. Trovare la concordanza tra ciò che si desidera e ciò che si fa: anche in questo sta la qualità della nostra esistenza, che ci donerà grande sicurezza interiore e costante sviluppo nel flusso del divenire, ci darà entusiasmo e slancio nella voglia e nella gioia di vivere.

Conquisteremo un senso di compiutezza come persone quando riusciremo ad essere veramente, pienamente e autenticamente ciò che siamo, sentendoci bene nella nostra pelle: il presupposto essenziale per fare ciò è la fiducia in se stessi, fidandoci di ciò che siamo, e lasciando sbocciare il nostro Sé più profondo. Favorire un viaggio di conoscenza verso la nostra interiorità può agevolare il “riemergere del Sé”: un autentico dischiudersi del Sé, si attua quando si supera la dipendenza che ci lega ai genitori; in questo modo si consolida l’identità e si diviene una persona autonoma, passando attraverso le fasi di differenziazione (dalle persone da cui dipendevamo), individuazione (come capacità di essere autonomi e indipendenti) e conquista dell’identità ( intesa come senso coerente del Sé e consapevolezza di se stessi).

VERSO L’AUTONOMIA. Si è autonomi quando si riesce ad organizzare la propria vita senza dipendere dagli altri, quando ci si rende conto che il nostro benessere dipende da noi e che noi possiamo “bastarci”, maggiore sarà la nostra autonomia, più alta sarà la possibilità di vivere con gli altri relazioni significative, improntate non sull’attaccamento, la dipendenza e il bisogno, ma sulla condivisione e l’arricchimento reciproco.

Un’identità  differenziata e autonoma rappresenta oltre ad una crescita  positiva per sé, un ulteriore vantaggio nella possibilità di vivere un amore autentico, profondo e spontaneo anche a livello di coppia: amare significa essenzialmente dare, e per poter donare se stessi è necessario che vi sia un sé da offrire e una matura consapevolezza di esso: “nella coppia consapevolmente matura la sicurezza della presenza - disponibilità dell’altro, placa la fame di simbiosi e rende capaci di vivere anche “fuori dell’altro”, cioè autonomi, e al tempo stesso a lui disponibili, in quanto liberi” (Giusti, 2004).

Ciò è possibile quando non c’è confusione nei confini, quando è chiaro lo spazio del Sé e lo spazio del Noi: un sé sufficientemente nutrito e non dipendente dall’altro sarà in grado di entrare ed uscire dai rispettivi spazi, senza perdersi, annullarsi o reprimersi, ma riconoscendo il reale potere, condiviso e reciproco, di accettare il confronto, lo scambio e la capacità di donarsi come opportunità di crescita. Ciò significa avere un Sé da trasmettere con autenticità. Possiamo essere noi i promotori della nostra crescita e della nostra evoluzione: “una crescita direzionale che include movimenti verso la realizzazione e il pieno compimento e perfezionamento delle capacità interiori e del potenziale dell’individuo” (Rogers,1963). Una tendenza attualizzante che implica la motivazione per tutte le attività della persona, in tutte le circostanze, favorevoli o sfavorevoli.

Alcuni costrutti ci possono aiutare nell’aumentare la fiducia sulla possibilità di ricominciare da noi:
•    Ogni individuo ha delle risorse interne per la crescita;
•    La natura umana è essenzialmente costruttiva;
•    L’autoconsiderazione è un bisogno fondamentale dell’uomo;
•    Gli individui sono persone complete, che si trovano nel processo del divenire (non devono far altro che attualizzare ciò che sono)
Per giungere a questo occorre riconciliarsi con se stessi, dopo aver consolidato l’autostima e l’amore di sé. Ricominciare da sé significa anche darsi questa opportunità. E la prima risorsa per farlo siamo proprio noi.

GUARDARSI CON OCCHI NUOVI. Trasformare il “guardare” in consapevolezza.
La maggior parte delle persone è insoddisfatta di sé. Molti problemi derivano dal fatto che il “come si vorrebbe essere”, il modello di riferimento, l’ideale è spesso troppo alto, quasi irraggiungibile. Abbiamo difficoltà ad accettarci, a piacerci, e la nostra ambizione di raggiungere un ideale illusorio e perfetto in realtà ci allontana sempre più da una cosa preziosissima: il nostro Sé, la nostra vera essenza, ossia la nostra autenticità.

Se impariamo a stare con noi stessi per come siamo, senza dirci nulla, senza combatterci, distogliendoci per un po’ dalla logica e dalla ragione per far spazio al nostro modo di essere al mondo così come siamo, accoglieremo la consapevolezza dell’essere, vale a dire la sostanza più potente e creativa che possediamo. Conoscersi è guardare ciò che si vede dentro e liberare la nostra interiorità la nostra interiorità da tutto ciò che la opprime. L’occhio che guarda libero da pensieri, da schemi, da convinzioni, da pregiudizi, rigenera lo spazio interno, rifecondandolo.  Essere in grado di separarsi dai mille riflessi della mente, svuotandola completamente dai pensieri, ci darà la possibilità di liberarci dalla valutazione e dal giudizio continuo su di noi (Morelli, 2005).

PERMETTERSI DI ESSERE COME SI E’. Siamo alla costante ricerca di conferme e rassicurazioni sul nostro modo di essere, ma se cerchiamo di cogliere ciò che nel presente è vitale, evolutivo e generatore di nuove possibilità, già diamo uno stimolo, una speranza per cogliere la nostra gioia di esserci e per permetterci di essere come siamo.

Vivere cercando di aderire per forza ad un modello ci impedisce di fidarci della nostra essenza; se ci abbandoniamo al progetto del nostro seme, se ci lasciamo “germogliare e fiorire” saremo perfetti nella nostra compiutezza. Ci sono parole, frasi o pensieri che continuamente diciamo a noi stessi che possono frenare la nostra energia, e reprimere ciò che potremmo essere: ne siamo prigionieri, spesso hanno avuto origine nell’infanzia o adolescenza, molte le abbiamo introiettate come “ingiunzioni” che bloccano a volte, all’improvviso riemergono come voci interne che bloccano l’azione che stiamo compiendo.

Oppure le avvertiamo come un dolore e rischiamo di avere un disagio. Una meta importante potrebbe essere quella di imparare a guardarsi davvero con occhi nuovi, non sottovalutarsi, cominciando davvero a conoscerci, riscoprendo aspetti di noi che non riuscivamo ad intravedere, soffocati dalle aspettative.

 

BASTA CON L’AUTOCRITICA. L’autorivalutazione personale conduce ad un nuovo equilibrio emotivo, ad una ritrovata gioia di vivere e di essere, ed una energia propulsiva ci invoglia a rimetterci in gioco, a sperimentarci, a godere della pienezza della vita in base ai nostri desideri e bisogni. Non vederci per come siamo potrebbe diventare talvolta un alibi per non metterci alla prova, o per non rischiare la frustrazione di un ‘eventuale delusione in caso di insuccesso.

Ma sappiamo bene che l’importante non è mio punto d’arrivo ma il percorso, il viaggio che facciamo alla scoperta di noi stessi che potrebbe essere il più interessante e appassionante della nostra vita, per nessun motivo quindi dovremmo perdere questa occasione. Mettiamo uno stop all’autocritica, anche perché le parole che ci ripetiamo alla fine si concretizzano in comportamenti, in ruoli o schemi che ci imprigionano; le parole e le frasi “killer” hanno il potere di sedimentarsi nell’inconscio e nella mente, determinando la direzionalità della nostra vita in base a schemi che non ci appartengono. Il lasciar andare i giudizi di condanna nei nostri confronti, i sensi di colpa e le paure può essere considerato come una sorta di risanamento degli atteggiamenti, uno degli aspetti fondamentali alla base del cambiamento del nostro modo di percepirci deriva dal potere che assumiamo su di noi nel momento in cui diventiamo consapevoli di essere liberi di scegliere i nostri pensieri e che, cambiandoli, possiamo modificare la nostra esperienza. Cambiando le convinzioni su di noi daremo il via ad una sorta di rinascita: nell’album delle nostre vite compariranno “fotografie” mai viste prima, in virtù del cambiamento del nostro modo di guardare.

Spesso non capiamo che l’amore, la gioia e la pace interiore che cerchiamo all’esterno, in realtà abbonda dentro di noi, ma può essere la paura nel contattarla che la tiene nascosta alla coscienza. Talvolta scambiamo la paura dell’amore con la convinzione di non essere degni, di non essere amabili: dobbiamo essere   pronti ad accogliere e ad affrontare in noi stessi sentimenti e pensieri che ci sembrano cattivi, condannabili e vergognosi se vogliamo   poi poter ricevere e riconoscere gli aspetti belli, positivi e ricchi dell’altra parte di noi.

Volersi bene è anche riconoscere quello che non ci piace di noi: si realizza la propria natura quando si prende visione del lato oscuro che è in noi, imparando ad essere non unilaterali ma completi, come il percorso di individuazione richiede. Si devono vedere tutte le facce, buone/ cattive, forti / deboli, divine/ ridicole per poter vivere senza maschere. “Se siamo trasparenti a noi stessi, allora potremo temere meno quei Sé nascosti che potrebbero rivelarsi agli altri" (S.B. Kopp, 1975).

 

AUTOSTIMA: PER CREDERE IN CIO’ CHE SIAMO. L’autostima è un’esperienza soggettiva e stabile di valutazione positiva del proprio valore basata sulla considerazione che si ha di sé: si sviluppa negli anni dell’infanzia e dell’adolescenza e viene nutrita non solo dagli apprezzamenti che abbiamo ottenuto dagli altri, ma soprattutto    da ciò che noi abbiamo interiorizzato che pensiamo e sentiamo per noi stessi (Giusti, Testi, 2006).

E’ facile riconoscere qualcuno con un buon livello di autostima: si tratta di persone che godono appieno della loro vita, sono in grado di essere e agire in base ai loro desideri, rispendo quelli degli altri, mettendo le loro potenzialità e integrando tutte le capacità in maniera equilibrata e armoniosa.

Sono persone che si sentono bene, hanno ilo controllo sulla propria vita, si adattano in maniera flessibile alle diverse situazioni facendo efficacemente ricorso alle proprie risorse. Interessante sa questo proposito la distinzione di Lynda Field (1997) che parla di “coscienza creativa” in chi ha una buona stima di sé, a differenza di chi ha una “coscienza da vittima” se non possiede buona autostima. Il primo ha un concetto positivo di sé, ha la capacità di separare se stesso dal comportamento, ha una visione espansa del mondo, ha uno stile di vita attivo, fondato sull’azione, è estroverso, ha un’interazione chiara e sincera, è creativo e flessibile, sa dire di no, accetta la critica, sa dare risposte costruttive. Inoltre ha la seguente convinzione “io faccio accadere le cose”.

Si tratta di un atteggiamento che favorisce una visione aperta del mondo migliorando la qualità della vita e il proprio benessere. Chi ha una coscienza da vittima ha un concetto negativo di sé, non si piace, ha una visione limitata del mondo, ha uno stile di vita reattivo, fondato sulla paura, è rigido, negativo, tende a sentirsi colpevole, ha un’interazione confusa e insincera, non sa dire di no, non accetta la critica, usa etichette critiche. Inoltre ha intrinseco si finisce per adottare uno stile di vita reattivo nel quale si è sempre alla ricerca dell’approvazione altrui prima di reagire…una buona stima di sé è fondata su tre componenti fondamentali (C. Andre e F. Lelord, 2000):
•    L’amore di sé inteso come amore incondizionato verso se stessi, percepiti come degni di amore e di rispetto, nonostante i propri limiti e difetti e con la capacità di assecondare i propri bisogni e aspirazioni;
•    La visione di sé, come rappresentazione che l’individuo ha di se stesso con la consapevolezza delle proprie caratteristiche;
•    La fiducia in se stessi, quale convinzione di essere capaci di agire adeguatamente nelle vicende della propria vita, senza eccessivi timori   di eventuali insuccessi o paura del giudizio altrui.

Branden nei suoi studi individua quattro fattori trasversali su cui si fonda una sana autostima:
1.    La consapevolezza di sé: ampliare la propria consapevolezza è il primo passo per acquisire la fiducia e il rispetto per se stessi, una persona consapevole riconosce la propria realtà interna e ne ha rispetto. Essere consapevoli dei propri limiti e pregi, desideri, sentimenti e bisogni, e degli obiettivi che si vogliono raggiungere, implica la possibilità di scegliere e decidere. Pensare in maniera autonoma è quindi basilare per avere una buona stima di sé;
2.    La responsabilità personale: capacità di assumersi la responsabilità delle proprie scelte senza attribuire ad altri la colpa dei propri errori;
3.    La valutazione positiva di sé: consente di avere un atteggiamento fiducioso e costruttivo verso se stessi e verso le esperienze cui si va incontro;
4.    La capacità di accettarsi: riuscire ad essere benevoli nei nostri confronti, senza essere troppo severi e giudicanti.

 “L’autostima deriva dal coraggio di permettere alla totalità del proprio sé di esistere, divenire e mantenersi autentico, ridimensionando il bisogno di accettazione esterna, in favore dell’individuazione” (Rollo May,1961

 

 

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