Il mito di Platone ci insegna che possiamo decidere se vivere nell’oscurità o nella luce

Anche se in un primo momento può sembrare un’idea vecchia e obsoleta, la verità è che il mito della caverna è una metafora perfetta che tenta di riflettere la duplice realtà in cui tutti viviamo, da cui è difficile fuggire. Ecco perché, nei tempi della post-verità, il mito di Platone è più attuale che mai.

 

Il mito di Platone ci insegna che possiamo decidere se vivere nell’oscurità o nella luce

| 18 Agosto |

 

Chi vive nell’oscurità è refrattario a vedere la luce

Alcuni anni fa, Philip K. Dick scrisse: “la realtà è ciò che non scompare anche se smetti di crederci”. Ma come possiamo essere sicuri che ciò che osserviamo sia la realtà? Dopotutto, gran parte di ciò che sperimentiamo è il prodotto della nostra percezione ed è mediato dalle nostre esperienze interne.

 

Circa 2.400 anni fa, Platone propose lo stesso dilemma e cercò di spiegarlo attraverso il mito della caverna, che è diventato una parabola molto interessante circa il senso della vita nella società e la natura della realtà. Lo descrisse nel libro VII della Repubblica, nel quale immaginava una società ideale.

 

Platone ci racconta che un gruppo di uomini fu condannato alla nascita a rimanere incatenato nelle profondità di una grotta. Non riuscirono mai ad uscire da essa, e neppure ebbero la capacità di guardare al passato e capire l’origine delle catene o vedere cosa succedeva dietro di loro, fuori dalla caverna.

 

Pertanto, guardavano solo le pareti della caverna. Ogni tanto, davanti all’ingresso della caverna passavano altre persone e animali. Gli uomini incatenati potevano solo vedere le loro ombre e sentire gli echi, che venivano proiettati sulle pareti della caverna.

I prigionieri percepivano queste ombre e gli davano dei nomi, credendo di percepire cose reali, poiché non erano consapevoli che si trattava solo di proiezioni della realtà. Tuttavia, un bel giorno, uno dei prigionieri viene liberato. Questo esce alla luce, ma il sole lo acceca, scopre che tutto ciò che lo circonda è caotico dal momento che non riesce a dargli un significato.

 

Quando gli spiegano che le cose che vede sono reali e che le ombre sono solo riflessi, non può crederci. Finalmente si adatta e decide di tornare alla caverna per raccontare al resto dei prigionieri la sua fantastica scoperta.

Tuttavia, abituato alla luce del sole, i suoi occhi hanno ora difficoltà a distinguere le ombre nel buio, così il resto degli uomini incatenati credono che il viaggio all’esterno lo abbia reso stupido e cieco. Pertanto, non gli credono e si oppongono ad essere liberati, ricorrendo anche alla violenza.

Lezioni fondamentali che possiamo applicare alla nostra vita

Molte persone possono trarre vantaggio dal mantenere gli altri in una situazione di inganno e menzogna, come i prigionieri incatenati nella caverna. E non si tratta solo della classe politica o del potere finanziario, ma anche di persone semplici che si comportanto da manipolatori. Infatti, il gaslighting è un esempio perfetto di come qualcuno possa manipolare la realtà per raggiungere i propri obiettivi.

 

Pensiamo che siamo immuni a inganni e menzogne, perché siamo più intelligenti o abbiamo più esperienza, e ciò significa che questa possibilità non ci preoccupa, quindi stiamo dando loro un vantaggio nel loro gioco delle ombre. Invece, dobbiamo continuamente mettere in discussione le cose, anche quelle che abbiamo sempre dato per scontate, perché c’è sempre un modo migliore, più conveniente o semplicemente diverso di fare e capire tutto.

 

Non perderti i raggi di luce

In un certo senso, una parte di noi sono quei prigionieri incatenati nella caverna. Una parte di noi si sente a proprio agio con gli stereotipi e le credenze familiari, con tradizioni che ci fanno sentire al sicuro. Quando vediamo un raggio di luce che ci costringe ad analizzare queste cose da un’altra prospettiva, abbiamo paura e possiamo comportarci come i prigionieri, negando la nuova realtà.

 

È vero che i cambiamenti di paradigma possono generare paura, perché ci tolgono i parametri di riferimento facendoci mettere in discussione alcune delle credenze che abbiamo sempre considerato verità assolute, ma se desideriamo veramente crescere, non dobbiamo afferrarci a nessun modo assoluto di vedere il mondo, dobbiamo aprirci al flusso di idee e prospettive nuove.

Liberarsi è difficile

Liberarsi dalle catene, quando queste continuano a tenere legati gli altri, è di solito un processo emotivamente complesso. Non è facile ribellarsi quando c’è una dinamica sociale consolidata di cui facciamo parte da molto tempo.

Le rivoluzioni, sia sociali che personali, coinvolgono sempre emozioni contraddittorie e richiedono concessioni. Durante il “processo di liberazione” non dovremo solo confrontarci con persone per noi importanti che preferiranno rimanere incatenate nella grotta, ma dovremo anche liberarci dalle convinzioni che fino a quel momento facevano parte del nucleo della nostra personalità. E questo può generare disagio e angoscia. C’è chi pensa che i sacrifici non valgano la pena e preferisce rimanere “incatenato”, in senso metaforico. Tuttavia, prendi la decisione che prendi, l’importante è che tu abbia avuto l’opportunità di decidere per te stesso.

 

L’ignoranza è confortevole

Alan Watts disse che: “la maggioranza delle persone non solo si sentono a proprio agio con la loro ignoranza, ma sono ostili a chiunque gliela faccia notare”. È la stessa idea che Platone ha cercato di trasmettere con il suo mito, infatti, non dobbiamo dimenticare che alcune delle sue idee sono state considerate troppo pericolose per lo status quo dell’epoca e gli causarono più di un problema.

Tutti noi abbiamo sperimentato la caverna di Platone

Ecco quindi che ognuno di noi ha sperimentato, almeno una volta se non tantissime volte nella vita, la propria caverna di Platone psicologica. All’uscita da essa a volte ci vogliono anche anni per abituarsi a riconoscere la realtà come vera così come la vediamo, in una semplicità a volte sconvolgente, questo perché prima ne conoscevamo una totalmente diversa, immaginata e fittizia, creata ad artificio dalla nostra mente per darci una sicurezza che, però, era basata sull’ignoranza, sulla non conoscenza del vero e del suo non riconoscimento.

 

Il percorso all’esterno della caverna di Platone è doloroso. Gli occhi e la coscienza, abituati al buio, soffrono atrocemente sotto i raggi del sole e della luce che li investe e fanno fatica ad abituarsi a non piangere, a non soffrire, a non rifiutare quel calore e tutti quei colori, loro che, prima, conoscevano solo le ombre in bianco e nero.

Però, quando gli occhi si abituano e imparano a riconoscere il sole, la luce e i colori, allora non vorranno più rinunciarvi e si ingegneranno per convincere altre parti della nostra coscienza e del nostro io più profondo ad uscire dalla caverna e a conoscere la verità e la luce. Ci vorrà tempo perché tutte le parti della nostra coscienza e del nostro io si liberino dalla convinzione che la caverna e il buio e le ombre e gli eco siano l’unica realtà esistente, l’unica a cui possono accedere.

Ci vorrà tempo perché riconoscano la verità nelle parole della parte di coscienza liberata, ma se ci si impegna in tal senso, allora ci si potrà liberare totalmente.

 

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