LA PRESENZA A SE STESSI

LA PRESENZA A SE STESSI

Lezioni di Meditazione e Mindfulness. Anno 2006.

LA PRESENZA A SE STESSI

 

Questa sera voglio parlarvi della presenza. Molto spesso avete sentito dire da insegnanti, guru e maestri spirituali che è fondamentale vivere attraverso la consapevolezza, la presenza a se stessi. Avete sentito dire molte volte che la maggior parte della vostra vita viene vissuta nel sonno o nei sogni.

In realtà l’essere umano si presenta come un meccanismo biologico all’interno del quale alberga una consapevolezza.

Intendo dire che il vostro corpo è un meccanismo più o meno equilibrato ma funzionale alla sopravvivenza, al nutrimento di uno stato di equilibrio. All’interno di questo meccanismo alberga la consapevolezza.

Tra il meccanismo e la consapevolezza ci sono varie stratificazioni. La stratificazione più bassa è l’istinto, subito dopo c’è l’io, poi la coscienza. L’ultima parte è la consapevolezza.

Più si è vicini ad un meccanismo più il vostro agire è meccanico. Più si è vicini alla consapevolezza più il vostro agire è creativo.

Tra questi due poli tuttavia esistono delle sfumature. Queste sfumature sono la condizione nella quale voi al vostro livello vivete la vita, cioè in parte vivete attraverso un meccanismo, siete esseri meccanici, in parte vivete attraverso la consapevolezza e quindi siete individui creativi.

L’osservazione di voi stessi vi può indicare quando state vivendo come un meccanismo e quando invece si attiva la consapevolezza e la creatività. Voi potete educare l’osservatore dentro di voi affinché  sia sempre presente e riesca a comprendere quali energie si stanno muovendo.

L’osservatore non è un’altra parte di voi, non è una parte della vostra essenza come può essere l’io (seppure una parte illusoria) o il SE, bensì è un ponte, è uno stato di presenza allargata che vi mette in una condizione di altro da voi stessi, di terzo da voi stessi, e vi permette di osservare.

Insieme all’osservazione v’è un giudizio, inteso non come giudizio di valore ma come giudizio sulla qualità delle vostre azioni: Intendo dire che giudica se esse sono meccaniche o no.

La funzione giudicante dell’osservatore fa sì che esso si colleghi molto strettamente con la mente. E’ attraverso la mente che voi potete attivare ed educare l’osservatore.

Educando la mente ad essere al di fuori dei canoni e degli schemi morali ed etici, quindi evitando il giudizio morale voi potete sfruttare la capacità giudicante per poter osservare le vostre azioni e comprendere quale energia vi sia.

La mente è pur sempre un attributo della vostra condizione materiale. Quindi l’osservatore è un ponte che attraverso la mente può portarvi alla “non mente”. L’osservatore si può educare, il testimone appare da sé.

Attraverso l’educazione della mente e dell’osservatore voi potete fare un percorso di consapevolezza alla fine del quale troverete il testimone, cioè la parte di voi stessi e della vostra essenza che è capace di testimoniare la vita come è, esattamente nel suo essere qui ed ora, senza avvalersi neanche del giudizio sulla qualità delle vostre azioni.

Il testimone è uno specchio perfettamente lucido che riflette la vita così com’è. Questo specchio tuttavia ha la qualità della coscienza. Riflettendo la vita ne comprende anche il profondo significato, che non è un significato dialettico; è un significato esperienziale che non può essere messo in parole. Per questo l’evoluzione non passa attraverso l’insegnamento verbale ma attraverso questo contatto diretto con la verità che si specchia nella coscienza.

In tutto questo il vostro compito è quello di mantenere viva la presenza a voi stessi.

Molte volte vi abbiamo detto che siete addormentati; vi abbiamo detto di svegliarvi e di essere presenti. Questo ha generato in voi una confusione.

Voi cercate la presenza attraverso un sistema che non darà mai i suoi frutti perché avete travisato quello che vi abbiamo insegnato.

Pensate di dover passare da uno stato di assenza ad uno stato di presenza. In realtà voi non siete mai assenti. Come mai potreste esserlo? Voi non siete mai assenti ma, partendo dal presupposto di essere addormentati e quindi assenti, tentate di costruire l’opposto di questa assenza che è la presenza.

In realtà quando siete addormentati e sognate la realtà voi siete presenti ad un sogno. Questo significa che la vostra presenza è attiva. Voi siete presenti ad una realtà, benché illusoria, ma siete presenti. Riconoscendo lo stato di presenza potrete cambiare i vostri passi ed andare sulla presenza del reale.

Da uno stato di assenza non potete generare uno stato di presenza. Da un “non essere” non può generarsi un essere. Comprendete quindi che se vi ponete la domanda “Come posso essere presente a me stesso?” partendo dal presupposto di essere assenti a voi stessi vi chiudete in un vicolo cieco.

In realtà la domanda da porsi è: ”Dove sono presente? Come sono presente?”, per passare da una presenza a se stessi, da un SE illusorio, ad una presenza rivolta al SE reale.

Detto a parole questo sembra un processo estremamente facile. In realtà fra la presenza illusoria e la presenza reale v’è una porta che vi spaventa moltissimo, ed è la porta che taglia fuori nella presenza cosciente la conoscenza del reale, tutte le bugie, le illusioni, tutto lo zucchero che mettete nel vostro caffè al mattino per non sentirne l’amaro.

Quando siete presenti al sonno deducete un mondo fatto su misura per rispondere ai vostri bisogni (Dovete ricordarvi che tutte le volte che avete un concetto di bisogno c’è un doppio sogno). Quindi siete continuamente autori di un mondo illusorio che in qualche modo cercate di adattare alle vostre esigenze.

Qualcuno vi fa un torto e voi giudicate questo qualcuno e date a lui la responsabilità della vostra sofferenza. Amate qualcuno ma non vi corrisponde e cercate di cambiarlo, di modificarlo. Vi trovate in una situazione scomoda e non vi domandate neanche per un momento che cosa dentro di voi è così a disagio. Cercate semplicemente di modificare l’esterno.

Quando la vostra presenza si sposta diventa una presenza del reale. Quando raggiungete l’”oltre la porta” vi rendete conto di non poter cambiare nulla di ciò che la realtà vi mette davanti; vi rendete conto che l’altro da voi, l’esterno da voi, è semplicemente ciò che è.

Allora essere presenti non è più osservare e giudicare solamente ma diventa testimoniare il messaggio della realtà, diventa accettare la realtà nella sua natura più diretta, nella sua verità intima, una verità che non ha parole; avrete un contatto diretto con il testimone.

Questo vi terrorizza. Vi terrorizza perché siete abituati a manipolare, a cambiare le cose. Le vostre paure infantili vi portano a cercare soluzioni. Non avete un’idea di ciò che è la vostra felicità, il vostro bene e dirigervi verso questa idea nonostante ciò che la vita vi mette davanti.

Quando io vi dico di cambiare la presenza, lo stato di presenza, vi dico in realtà di cominciare ad accogliere la vita per quello che è, non più ad osservarla ma a testimoniarla; non più a giudicarla ma ad accettarla.

Questa accettazione non ha nulla di passivo, non ha nulla di remissivo. In realtà, se capite che la realtà è quella che è e che, con tutti i vostri sforzi, voi non potrete cambiarla di un solo millimetro,capirete che non v’è né passività né remissione nell’accettazione della realtà, v’è soltanto la constatazione di un fatto.

Forse che se vi trovaste davanti ad una belva feroce più forte di voi la fuga sarebbe remissione o passività? E’ la constatazione di un fatto. Forse che il fatto di osservare un tramonto e non fare qualcosa ma semplicemente essere lì a testimoniarlo è passività? La vita ci dà un tramonto così come uno spavento. Ci dà continuamente, anzi ci dà tanto attraverso la grandiosità di un tramonto, con la sua bellezza, quanto attraverso il terrore che vi spaventa nel profondo. E le due cose sono una sola.

Ciò che vi terrorizza e ciò che vi fa felici è la stessa energia che si muove. Il testimone accoglie senza giudicare sia l’una sia l’altra. Questo vi crea dei problemi ed è per questo che vi ho detto che esiste una differenza fra l’osservatore ed il testimone.

Non potete raggiungere il testimone se prima non avete costruito l’osservatore. Quindi il lavoro che vi compete è quello di ripulire la vostra mente da giudizi e pregiudizi, da ansie e preoccupazioni. Far diventare la vostra mente solamente il centro del giudizio sulla qualità della vostra azione al mondo.

Quando qualcosa vi accade smettete di chiedervi se è buono o cattivo per voi. Cominciate a valutare se la vostra reazione è meccanica. Quando vi renderete conto di essere meccanici saprete immediatamente senza ombra di dubbio che la vostra mente minore si sta muovendo. Quando vi renderete conto di essere creativi, cioè di essere in grado di trovare un senso a ciò che state osservando, altro dal corso degli eventi, (quando) comincerete in poche parole a chiedervi il senso profondo di un’esperienza coinvolgente, cosa mi sta dicendo la vita in questo momento, che parte di me è coinvolta, in quel momento la creatività starà facendo la sua parte e avrete aperto una porta verso il testimone.

Ricordatevi quindi che essere presenti a voi stessi non significa passare da uno stato di assenza ad uno stato di presenza, bensì passare da una presenza inconsapevole, meccanica ad una presenza consapevole e creativa, e attraverso questa presenza arrivare al testimone.

Quando siete identificati nel testimone la presenza si dissolve. Chi sarà presente per osservare il testimone? Nessuno può osservare il testimone. Voi sarete il testimone, sarete il testimoniare la vita. E quando riuscirete ad osservarvi mentre siete osservatori saprete che è il testimone in voi che vi osserva.

Sopra il testimone non v’è nient’altro. Quando arriverete a quei livelli di consapevolezza voi sarete identificati con la verità della vita.

Osservando le vostre azioni siete identificati con lo scorrere della vita. Osservando il vostro osservatore vi siete spostati già oltre la porta dello spavento, vicino al testimone.

Quando la dualità fra osservatore e testimone decade sarete solo pura testimonianza.

Avete capito? Avete qualche domanda?

Partecipante: “nel comprendere da parte dell’osservatore la qualità dell’osservare non c’è una sorta di giudizio?”

Certo, un giudizio sulla qualità dell’azione. La domanda che tu mi stai ponendo è: “In quale modo posso giudicare senza valutare?”

Esistono dei parametri che vi permettono di capire se siete meccanici o creativi ma non coinvolgono una valutazione del vostro essere.

Uno fra i tanti ma forse uno dei più importanti è l’osservazione della reiterazione del vostro comportamento. Quando vi ritrovate a comportarvi in un modo reiterato, uguale a se stesso, voi ripetete uno schema. Potete essere sicuri che la qualità dell’energia che si sta muovendo dentro di voi è meccanica, quindi proviene dal profondo delle vostre paure, dagli schemi che voi avete strutturato dall’infanzia.

Quando vi rendete conto di stare agendo in modo nuovo e vi trovate davanti alla perplessità del mistero, non sapete cosa produrrà la vostra azione, quindi non vi aggrappate più a ciò che immaginate come frutto delle vostre azioni ma sperimentate, allora siete in grado di sapere che la vostra energia è creativa.

In realtà soltanto questo secondo modo di affrontare la vita può produrre dei risultati. Quando avete una prova da affrontare, quando vi trovate davanti a qualcosa verso il quale dovete muovervi con la vostra osservazione, se utilizzate gli schemi del passato, quindi reiterate delle azioni già compiute, chiudete la vita nella vostra idea della vita.

La vita non gradisce affatto queste cose, reagisce; queste cose vi creano una sofferenza profonda che vi deve portare a comprendere che ogni evento ha la dignità della sua unicità. Non potete rispondere ad un evento con ciò che avete imparato precedentemente.

Quando vi muovete invece verso la creatività, vi mettete davanti all’evento e lo osservate per quello che è e lasciate fluire il vostro essere verso una nuova soluzione che non vi dà sicurezza, non vi dà certezze, la vita vi accoglie come voi la state accogliendo, vi dà la possibilità di scoprire un’altra parte di voi.

A quel punto non sarà importante se voi risolverete o meno il fantomatico problema. Ne uscirete comunque con una parte di voi più consapevole. Siccome il fine dell’esperienza non è la risoluzione della vita nelle singole problematiche ma la costruzione della consapevolezza, in questo modo voi starete vivendo completamente la vita e, per quanto non andrà la vita stessa nella direzione da voi sperata, la vostra evoluzione andrà nella direzione della vita.

Inserite il rischio nelle vostre azioni; cercate di non fare mai una cosa uguale ad un’altra; cercate di trovare il modo di essere creativi in ogni atto del quotidiano, anche nelle piccole cose.

Quando usate la ripetizione, se proprio siete impegnati nel ripetere le cose esattamente come sono fate sì che diventi una preghiera. E’ un modo per addormentare la mente, ma non usate la ripetizione per controllare il mondo, per controllare la realtà.

Usate la ripetizione dei gesti e la disciplina nel ripetere sempre le cose come un modo per addormentare la mente ma andate oltre la stessa azione che state facendo. Allora la ripetizione può avere un senso perché ci mettete creatività (esempi aggiunti da me: immaginate il ballerino che ripete i passi, il musicista che ripete lo stesso brano, il marzialista che studia le forme).

Andate a prendere un caffè in un caffè diverso ogni mattina. Se avete girato il vostro caffè verso destra girate verso sinistra. Se avete bevuto con la mano sinistra gustate con la destra. Se una mattina avete usato lo zucchero, il giorno dopo usate il miele. Forse il caffè non vi piacerà ma questa è la vita. Non sempre sperimentando rifiutate ciò che gradiamo, tuttavia abbiamo imparato qualcosa di noi stessi, qualcosa che non sapevamo prima.

Osservate le vostre vite. Quante cose negate, a quante cose dite no prima ancora di averle sperimentate. Ma questo non è un modo per reagire alla vita. E’ altrettanto vero che non tutte le esperienze meritano di essere sperimentate ma una cosa è dire sì a ciò che capita scegliendo tra tante esperienze, una cosa è dire no prima ancora di aver sperimentato perché si sa già qual è l’esperienza che si vuole fare. Capite la differenza?

Camminerò sempre in questo modo, mangerò sempre in questo modo: questo vuol dire vivere la vita in un vaso.

Vi sto facendo esempi banali quotidiani, ma è solamente uno stratagemma per farvi vedere come la vostra mente vi chiude.

In realtà se passiamo sul lato emotivo della vostra vita, sulle emozioni, se riuscite a vivere la mente creativa potete amare lo stesso l’uomo o la stessa donna ogni giorno in un modo diverso. Farete l’amore ogni notte in un modo diverso, toccherete ogni volta con una qualità diversa del tocco.

Quando vi renderete conto di essere in uno schema meccanico sarete in grado di nuovo di mettere bellezza e creatività nei vostri gesti. Questo ridarà vita alla vita, non vi permetterà di addormentarvi. Porterà la presenza dal meccanismo allo spirito creativo.

(Partecipante: “Io molto spesso mi accorgo solo dopo della mia meccanicità. Quando sono dentro il meccanismo non riesco a vedere il mio comportamento. Me ne accorgo solo dopo.”)

Molto bene. Questa è l’unica cosa importante. Quando te ne accorgi vuol dire che l’osservatore si è spostato. Non perdere tempo a biasimarti perché sei stata meccanica. Sfrutta l’occasione per diventare creativa. Ringrazia il tuo osservatore interiore perché è riuscito a svegliarsi.

Voi vi crogiolate troppo nel biasimo di voi stessi. Gli errori fanno parte della vostra natura. Quando ve ne accorgete però continuate a stare nel biasimo di voi stessi per aver sbagliato e nessuna parte di voi danza, celebra e canta la grandiosità dell’essersene accorti che è infinitamente più importante. Ritornate bambini, puniti, castigati, vergognosi di se stessi per aver sbagliato, ma non è forse molto più importante la vostra consapevolezza? Non è forse molto più importante e molto più vicina alla realtà la vostra coscienza di essere cambiati in uno stato di presenza più forte, più vera? Allora perché non danzate e non ridete di questo invece di chiudervi nel biasimo? Vi è stato insegnato di distruggervi, di commiserarvi per le vostre piccolezze e quando la consapevolezza si attiva non riuscite a gioire della grandezza del vostro gesto.

Distruggete questi padri violenti, queste madri oppressive, questi preti, queste suore che dentro di voi continuano a puntarvi il dito e a mettervi in ginocchio. Imparate a vivere nella gioia.

Siate consapevoli di questo. Un errore è tale solo quando voi vi rendete conto che è tale. Se non ve ne rendete conto che errore è? Voi non potete essere in errore se non sapete che cos’è il giusto, se non riuscite ad uscire dall’errore. Dunque se siete nell’errore e non ve ne accorgete fregatevene, non è un errore perché per voi non esiste un’alternativa. Chi dirà che è un errore?

Nel momento in cui qualcuno dentro di voi si sveglia e comprende che state sbagliando qualcosa, intendo dire che state vivendo meccanicamente o state andando in una direzione non evolutiva, nel momento in cui si sveglia quest’altra parte quell’errore ha dato un frutto, un frutto della consapevolezza. Perché restare nell’errore? Perché puntare l’occhio su qualcosa che ormai è morto, è sbocciato? E’ come voler restare fissi su un seme dopo che già è sbocciato il fiore.

Quando capite questo cominciate a comprendere che tutta la vostra vita piena di biasimo di voi stessi e di vergogna non ha alcun senso. Di cosa dovreste vergognarvi? Del fatto che il vostro errore ha prodotto consapevolezza? O del fatto di non sapere di essere in errore? Chi vi sta dicendo di biasimarvi?

Partecipante: “Magari quell’errore ha portato una sofferenza ad una persona cara. Allora penso che l’avrei potuto evitare per non procurare una sofferenza.”

Ma se qualcuno accanto a te sta soffrendo perché perdi tempo a biasimare te stesso? Consola lui.

Questo è il vostro egoismo che voi portate dentro di voi. Anche quando causate un male a qualcun altro continuate a dirvi: “Ho sbagliato e ho ferito” invece di dire: “Eccomi, sono pronto a darti un balsamo, sono pronto ad essere lì.”

Vi fa paura perché quando ferite qualcuno siete davanti alla rabbia, alla reazione dell’altro ed allora vi rintanate nel biasimo di voi stessi. Quello sì che è un luogo sicuro. Quanto potrete picchiarvi prima di stancarvi?

E’ molto più difficile invece andare verso l’altro e comprenderlo. Ancora una volta, questo è un modo creativo per vivere. Chiudersi nell’errore è qualcosa che non vi appartiene.

La vergogna è un’illusione. La vergogna di sé è solamente una reazione egoistica e di chiusura, è un modo per ripiegare il vostro essere su se stessi e non aprirsi al mondo, alla realtà, alla creatività.

Quando dall’errore nasce la consapevolezza si crea un ponte e voi vi rendete conto che non è mai esistito errore così come non è mai esistito il seme.

Da dove viene il seme? Non viene forse da un fiore o da un frutto? In sé non ha natura. E quel frutto non viene forse anch’esso da un seme? Allora questo vi riporta a conciliarvi con la vita.

Voi non siete qui per essere giusti, per non sbagliare. Siete qui per vivere la creatività della vita, la trasformazione attraverso la consapevolezza. A cosa serve restare nel biasimo di se stessi? E’ come voler prendere il frutto o il fiore e ricacciarlo a forza nel suo piccolo seme. Potete provarci in mille modi. Potete cominciare a levare petalo per petalo. Cosa resterà della povera rosa? Anche in quel caso non riuscireste a rinchiuderla in quel piccolo seme perché gli errori, per quanto enormi vi sembrino nella vostra vita, sono piccoli semi da cui possono nascere grandi consapevolezze.

Una volta che ne siete consapevoli veramente non potete ricacciare la consapevolezza, l’enormità di questa consapevolezza di voi, dentro al seme. E’ una follia.

A volte i vostri errori producono effetti devastanti ma voi siete responsabili solo del vostro errore, non dei suoi effetti.

La vostra responsabilità è solamente quella di prendervi cura del frutto, non del seme. Nel momento in cui un errore è stato fatto ed ha prodotto degli effetti devastanti quegli effetti non scompariranno perché voi ve ne prenderete cura biasimando voi stessi ma avranno un senso se voi farete la vostra parte e ve ne assumerete le responsabilità diventando consapevoli. Capite cosa voglio dire?

Per cui pestare i piedi a qualcuno o uccidere milioni di persone non fa alcuna differenza nella vita. E’ solo una questione di quantità di responsabilità che vi assumete, ma il meccanismo è lo stesso. Pure se aveste ucciso centinaia di persone a cosa servirebbe rammaricarsi degli effetti? Prendetevi la consapevolezza di quello che è successo ed andate verso le vostre responsabilità.

Se questo accadrà la persona che ha ucciso centinaia di altri individui non sarà più la stessa. Quella persona sarà morta. La sua vita sarà trasformata. Certo dovrà assumersi le conseguenze legali, ,materiali dei suoi comportamenti. Vi sarà capitato di vedere qualcuno, che si è reso veramente conto del proprio errore, andare verso il patibolo con il sorriso e con la serenità perché ormai tutto è compiuto? Non ha più importanza cosa ne è del suo corpo, della sua vita. Ormai ha assunto tutta la sua responsabilità ed è consapevole: quella è la gioia e la grazia che gli resta. Comprendete?

Con questo non voglio dire che la prima regola che vi dovete stampare a lettere dorate nel vostro cuore è il “non causerò alcun danno”. Questo qua fa parte dell’intenzione, non dell’azione. La vostra intenzione deve essere sempre quella di non causare alcun male, non scandalizzare alcuna creatura. Ma se con tutto ciò per la natura stessa della vostra vita sbaglierete non perdete il tempo a biasimarvi: cogliete il fiore, cogliete l’occasione.

Questa è la forza di trasformazione della vostra vita. Non è una forza che si raggiunge dopo molti cambiamenti. E’ una forza che avete dentro.

Avete altre domande? Allora con questo noi vi diamo la nostra benedizione, vi abbracciamo, vi stringiamo al cuore dell’’Assoluto dicendovi: perdonate voi stessi con tutta la responsabilità, la consapevolezza, la coscienza di essere; perdonate voi stessi.

Affinché il perdono di voi stessi non sia la fuga dalle vostre responsabilità ricordatevi sempre che insieme a quest’azione deve nascere anche l’amore per gli altri.

Il perdono di se stessi senza l’amore per gli altri è solamente una fuga. Quando veramente siete in grado di perdonare voi stessi siete in uno spazio infinitamente ricolmo di estasi. In quel momento non c’è più conflitto,attrito.

Quando voi siete in grado di perdonare voi stessi allora siete anche in grado di amare gli altri.

Gesù ha detto: “Perdona loro perché non sanno quello che fanno.” Io vi dico: “Perdonate voi stessi. In quel momento saprete esattamente come amare gli altri.”

Che la pace sia con voi.

 

LA PRESENZA A SE STESSI - Grotta di Sale Sant'Agnese

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