La punta dell’iceberg
Inviato da Marinella il 2 novembre, 2024 - 14:27
La punta dell’iceberg
Promiseland -22 Maggio 2009
Siamo soliti paragonare la nostra mente ad un iceberg, la cui punta rappresenta il pensiero cosciente e la parte sommersa (almeno l’80%) la parte inconscia, cioè quella che lavora per conto suo, indirizzando i nostri gusti, le nostre scelte in modo quasi automatico, oltre a farsi carico delle funzioni automatiche del nostro organismo. La […]
Siamo soliti paragonare la nostra mente ad un iceberg, la cui punta rappresenta il pensiero cosciente e la parte sommersa (almeno l’80%) la parte inconscia, cioè quella che lavora per conto suo, indirizzando i nostri gusti, le nostre scelte in modo quasi automatico, oltre a farsi carico delle funzioni automatiche del nostro organismo. La mente inconscia è un enorme magazzino che contiene tutte le memorie sensoriali della nostra vita, tutte le esperienze, gli incontri, le emozioni ecc… Essa è capace di recepire ed incamerare milioni di informazioni al secondo (pensate a quanti stimoli state ricevendo in questo momento, sia interni che esterni). Non è localizzata nel cervello, ma in ogni singola cellula del nostro corpo. Per questo è possibile attingere ad essa anche nel caso di gravi danni cerebrali. 

Si può invece paragonare il mare che circonda l’iceberg al nostro Super-conscio, quella parte che sta dietro a tutto ciò che appare nel mondo delle forme e che dà la direzione alla nostra anima. La fonte di saggezza infinita che è parte della divina natura del Tutto. Possiamo attingere a questo oceano in momenti particolari (in meditazione, nel sogno o mentre si crea) o possedendo doti che vanno oltre i sensi fisici.
La mente inconscia, dicevamo, guida la nostra vita in modi di cui raramente siamo consapevoli. Per fare questo si serve di programmi, o immagini, appresi nel corso di questa vita, dal concepimento al momento presente. Agisce in base a quello che ha in memoria e non può fare altrimenti. Probabilmente la memoria cellulare si estende anche a vite precedenti e a quell’enorme magazzino chiamato Akasha, una specie di memoria universale contenente tutte le possibilità di ogni tempo. Le nostre memorie cellulari comprendono anche le vite dei nostri antenati, di cui tendiamo a ripercorrere i passi.
La mente inconscia è in contatto, attraverso i sensi spirituali del Super-conscio, con realtà vibrazionali superiori, dalle quali può attingere informazioni sul nostro passato o futuro, inviandoci poi segnali attraverso intuizioni, sogni, visioni. In effetti, il potere del nostro subconscio sembra illimitato in quanto, attraverso la sua capacità di contenere infinite informazioni e di dialogare con universi vibratori a noi quasi sempre sconosciuti, permette di renderci consapevoli di possibilità immense e di modellare quindi la realtà secondo i nostri più profondi desideri. Quello che definiamo realtà, infatti, non è che un riflesso dei nostri pensieri, la manifestazione più o meno cosciente di un cosmo di cui noi siamo i costruttori e che dirigiamo attraverso le nostre convinzioni profonde. Inconsce appunto. Ma che seguono sempre il filo rappresentato dal cammino che la nostra anima ha scelto di percorrere venendo sulla Terra.
Come fare, allora, per sfruttare questa grandissima risorsa interiore che, se non conosciuta e controllata, rischia di portare la nostra vita in direzioni che non rispecchiano la reale intenzione della nostra anima? Già perché, come abbiamo detto, il nostro inconscio registra tutto, anche e soprattutto i programmi che ci hanno inculcato nell’infanzia, quando la nostra mente è “pulita” ed accetta come realtà assoluta tutto ciò che arriva dall’esterno. Se per esempio abbiamo come programma inconscio un certo modo di reagire a certe situazioni, o pensieri negativi riguardo la nostra realizzazione, ogni volta che si presenterà una situazione simile a quella originaria metteremo in atto quel programma, quando invece sarebbe più opportuno cambiarlo, adattandolo alla nuova realtà. Succede a tutti di arrabbiarsi sempre per le stesse cose, anche se ci rendiamo conto di quanto questo atteggiamento è distruttivo e inutile. Oppure capita di arrivare sempre vicino ad una meta e poi bloccarsi, non riuscire a portare a termine quello che ci condurrebbe alla realizzazione finale. Sono cose ricorrenti nella vita di molti.
Questa tendenza a ripetere, questa inerzia che si manifesta nella difficoltà umana a cambiare, è uno dei nodi cruciali di trasformazione della nostra vita. Una cosa fondamentale, quindi, diventa quella di pulire la nostra mente inconscia di quei programmi che non servono più e che limitano la nostra crescita, tenendoci prigionieri in schemi comportamentali e di pensiero che appartengono al passato e che non hanno alcuna attinenza col presente e il futuro.
Se fai quello che hai sempre fatto, otterrai quello che hai sempre ottenuto.
La realtà è in perpetuo cambiamento, e anche se la ripetizione di schemi conosciuti e collaudati ci dà sicurezza in quanto ci fornisce un bagaglio di risposte pronte all’uso su cui, fra l’altro, costruire un’immagine coerente di noi stessi, e anche se per un certo periodo della nostra vita questa risposta preconfezionata forse è stata utile come difesa emotiva, dobbiamo capire che se non ci apriamo alla novità, al rischio del cambiamento, creando nuove immagini interiori, non potremo crescere realmente, ma solo sovrapporre ulteriori programmi a quelli già esistenti, nascondendo una prigione dentro una fortezza.
Non vediamo il mondo come è, ma come siamo noi.
Un buon modo per divenire coscienti dei propri schemi è quello di essere osservatori, o testimoni, di se stessi. E’ un metodo molto usato in psicoterapia e in meditazione. In pratica si tratta di osservare noi stessi dall’esterno, come se si fosse un’altra persona. Non allo scopo di giudicare (cosa che ci riesce così bene), ma per vedere con maggior chiarezza quali sono le nostre “reazioni” a quello che ci capita. L’osservatore esterno, chiamiamolo il nostro Sé superiore, è lì solo per guardare, prenderci per mano e indicarci una strada nuova per affrontare la vita.
Si può fare questo esercizio immaginando il nostro Sé superiore materializzato accanto a noi. Una copia luminosa di noi stessi. Spostare poi la nostra coscienza superiore nella copia e vederci dall’esterno, con occhi amorevoli e compassionevoli, accettando con umiltà tutto quello che ci arriva. La semplice osservazione può aprire uno spiraglio illuminante, spesso divertente, in noi stessi e farci vedere quante volte siamo in preda a comportamenti automatici, ad atteggiamenti stereotipati che ci allontanano dal gusto della vita e dagli altri, poiché riempiono la nostra mente conscia di pregiudizi, aspettative su come il mondo dovrebbe essere per renderci felici. Allontanandoci dalla realtà non ci permettono di seguire il nostro cammino di anime. Questi programmi, provenienti dalla famiglia e dalla società, sono così radicati che siamo convinti che quello che facciamo sia una nostra libera scelta, mentre il più delle volte siamo guidati, attraverso di essi, dall’esterno. Siamo come assenti a noi stessi. La stessa cosa accade alle nostre idee di giusto-sbagliato, bello-brutto, vero-falso: programmi determinati da condizionamenti esterni, da circostanze accidentali quali l’appartenenza o meno ad un sesso o ad una nazione, che abbiamo fatto propri, il più delle volte per qualche vantaggio sociale.
Attivando il testimone quando crediamo di essere in preda a comportamenti automatici rendiamo più chiara la visione della nostra vita e più aperta la nostra mente. Poi questo diventerà un’abitudine, e la reazione automatica si innescherà sempre più difficilmente.
Ovviamente esistono condizionamenti più o meno facili da scoprire e da estirpare. Dipende dalla profondità e dai vantaggi secondari che ricaviamo da essi. Molti programmi inconsci relativi alla salute spesso ci predispongono alla malattia, se non ne sono addirittura la causa. Se la mamma diceva sempre al bambino che camminando scalzo si sarebbe preso un raffreddore, la mente del bambino ha accettato come vera questa frase, facendosi ammalare veramente e creando un programma inconscio. Questo programma, ripetuto negli anni e rafforzato dall’esperienza, che tende a confermarlo con ogni mezzo, si è radicato profondamente ed ogni volta che camminerà scalzo si buscherà il raffreddore.
Legati a questo programma di malattia ci sono anche dei vantaggi secondari, fra i quali l’essere accudito, l’essere oggetto di attenzioni supplementari e via dicendo. Mettendo tutto questo insieme, si capisce che il programma negativo che porta la malattia viene sostenuto e incoraggiato da un programma falsamente positivo (“Quando mi ammalo mi vogliono più bene”), rendendo ancora più difficile disfarsene.
La nostra mente inconscia è piena di questi programmi, molti dei quali non ci permettono di raggiungere obiettivi e sogni che invece perseguiamo consciamente con molta energia. Ma fintano che non scopriamo quali sono i programmi inconsci che “remano contro” e non ci ripuliamo, difficilmente potremo raggiungere le nostre mete.
C’è da fare un’altra considerazione. Spesso quello che crediamo di volere è solo un riflesso, un mezzo per arrivare a ciò che vogliamo veramente ma di cui siamo inconsapevoli. Ad esempio, molti credono di potersi realizzare, cioè trovare la felicità, attraverso l’accumulo di denaro, o il raggiungimento di un certo obiettivo. Ma non è il denaro in se che può renderli felici, e neanche l’obiettivo,
quanto certe sensazioni che ne vengono stimolate, come la tranquillità, la sicurezza, l’autostima ecc, e che sono i nostri veri obiettivi inconsci. Ma questi sentimenti, queste sensazioni positive, non hanno alcun bisogno del denaro per essere raggiunti, sono già tutti dentro di noi. Basterebbe portarli alla luce, ad esempio attraverso la meditazione, per accorgerci che il nostro correre verso l’esterno può solo portarci lontano dall’unico luogo di pace e soddisfazione che esiste: noi stessi nella nostra profonda natura spirituale.

Noi abbiamo già tutto dentro. E ci affanniamo per trovarci là fuori. Lo sforzo costante della società, attraverso i mass-media, di portarci all’esterno di noi e farci credere di avere bisogni di ogni tipo, inducendoci al consumo fine a se stesso (consumismo), raggiunge come scopo quello di darci una felicità effimera, legata ai beni che abbiamo e non al nostro valore interiore, alla quantità di soldi sul nostro conto e non a quella luce che sempre risplende in noi e che aspetta di essere vista, ascoltata, seguita. Questo non significa che dobbiamo rinunciare ai piaceri della vita, anche quelli materiali, perché l’esistenza è un complesso di cose intrecciate fra loro e non dobbiamo escludere niente. Ma è necessario collocare tutto nella giusta ottica, dare a tutto l’importanza che ha. Spesso nel nostro correre ci perdiamo piaceri ben più grandi dell’accumulare ricchezze e cose.
Per fare questo non è necessario aggiungere altre conoscenze, altri beni, ma lasciare scorrere via tutto quello che non ci appartiene, “investire in perdita”, pulire i nostri canali energetici per lasciar passare il flusso della vita, renderci “vuoti” affinché la pienezza dell’Universo possa manifestarsi attraverso di noi, usarci come flauti per suonare la sua melodia. Aggiungere altri schemi, altre conosceneze inappropriate, sarebbe come darsi continuamente profumi senza mai lavarsi. Come accadeva nel ‘700.
La meditazione è l’arte maestra per condurre noi stessi al nostro centro luminoso, al nostro “corpo di luce”, oscurato dalle chiacchiere e dalle fandonie con cui il mondo ci ha imbottito la testa. E’ il mezzo che ci può condurre alla vera conoscenza, quella del cuore, ed alla reale partecipazione dei piaceri del mondo. Meditare significa infatti essere dove siamo. Essere consapevolezza. Vedere noi stessi e le cose per quello che sono, senza aggiungere niente. In ogni affare della nostra vita. Meditare significa celebrare l’esistenza in ogni sua forma. Per la nostra mente è la sfida più difficile. Ma l’uomo può dirsi realizzato solo quando raggiunge, così, le vette del suo spirito.
Autore: David Ciolli – Redazione di Promiseland.it
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