FIABA

E così mi sono ricordato di quello che Van De Wetering scrive nel suo bellissimo libro Lo specchio vuoto, una mia antica lettura. 
Era andato a studiare meditazione in un monastero Zen in Giappone e dopo anni di studio a un certo punto il maestro Zen gli aveva raccontato questa storiella: «Due secoli fa circa, un signore, che viveva da solo in una grande casa non lontano da qui, andò al mercato e vide un diavolo. Era un diavolo con la coda, la pelle gialla, e due lunghe zanne aguzze, pressappoco della taglia di un grosso cane. Era seduto tranquillo in una solida gabbia di bambù e rosicchiava un osso. Accanto alla gabbia c'era un mercante, intento a guardare la folla, e il signore gli chiese se il diavolo fosse in vendita.
“Naturalmente!” rispose il mercante. “Altrimenti non sarei qui. È un diavolo magnifico, forte, diligente e capace di fare tutto quello che uno desidera. Sa fare il falegname, il giardiniere, sa cucinare, rammendare gli abiti, leggere storie, tagliare la legna, e quello che non sa fare può impararlo. Non chiedo molto: 50.000 yen ed è suo!”.
Il signore non stette a mercanteggiare e pagò in contanti. Stava per portarsi il diavolo a casa quando il mercante lo fermò.

“Un momento”, disse, “poiché lei non ha tirato sul prezzo, voglio avvisarla di una cosa. Ecco, guardi: naturalmente questo è un diavolo, e i diavoli, si sa, non sono buoni”.
“Ma come! Se ha detto che era un magnifico diavolo!” disse il signore con indignazione.
“Certo, certo”, rispose il mercante, “è così. È un magnifico diavolo, ma non è buono. È e rimane un diavolo. Lei ha fatto un ottimo acquisto, ma a una condizione: lo deve tenere sempre impegnato. Ogni giorno gli deve dar da fare: da quest'ora fino a quest'altra tagliare la legna, poi cucinare il pranzo, poi la cena, poi mezz'ora di riposo, poi andare in giardino e sarchiare, eccetera. È quando gli avanza del tempo, quando non sa che cosa fare, che è pericoloso!”.
“Se questo è tutto...” fece il signore, e si portò il diavolo a casa. E, per qualche tempo, le cose andarono davvero bene. Tutte le mattine il signore chiamava il diavolo che si inginocchiava obbediente, gli dettava il programma della giornata e il diavolo partiva con le faccende di casa lavorando ininterrottamente tutto il giorno. Quando non lavorava, si riposava o giocava, ma obbedendo sempre agli ordini del signore.
Un giorno, dopo alcuni mesi, il signore incontrò in città un vecchio amico. L'incontro inaspettato e la gioia di rivedere l'amico gli fecero dimenticare ogni cosa. Condusse l'amico in un caffè e cominciarono a bere, una tazzina di sakè dopo l'altra. Poi mangiarono magnificamente e bevvero ancora una volta, finché non si ritrovarono nel quartiere dei salici. Le donne tennero i due amici occupati a lungo, e il signore si svegliò l'indomani mattina in una stanza sconosciuta.

All'inizio non capiva dove fosse, ma poi tutto gli si ripresentò alla mente e si ricordò del suo diavolo. L'amico era scomparso: pagò il conto alle donne, che di giorno erano ben diverse dalla sera prima, e corse a casa. Quando entrò in giardino avvertì un odore di bruciato e si accorse che del fumo si levava da un lato della casa. Si precipitò dentro come una furia e vide il diavolo seduto sul pavimento di legno della cucina. Aveva acceso un bel fuoco e stava arrostendo allo spiedo il bimbo dei vicini.»

In effetti ricorda molto ciò che Osho dice della mente: che è uno splendido servo, ma un pericoloso padrone.
Può sembrare esagerato attribuire alla mente delle capacità così diaboliche, ma prendi un qualunque giornale e sfoglialo. Quella è più o meno la cronaca registrata di quello che in un giorno in tutto il mondo ha fatto la mente.
Per fortuna fa anche delle cose belle: ci sono anche le scoperte della scienza, della medicina, dell’ingegneria, le creazioni di architettura, la letteratura. 
La mente sa davvero fare anche dei regali bellissimi.

E nella nostra vita, cosa sta facendo la nostra mente?

  realtà se non abbiamo introdotto la meditazione è difficile anche il semplice discernere, cioè fare una distinzione tra noi e la nostra mente, perché siamo identificati al 100%. Noi siamo la nostra mente. 
Ma quando iniziamo a meditare scopriamo che possiamo osservare la mente, quindi noi siamo un’altra cosa: siamo l’osservatore, siamo la consapevolezza. Questo osservare crea una certa distanza e possiamo vedere che la mente non è affatto noi, anzi scopriamo che ha idee tutte sue…

E quindi cosa fa la differenza?
Osho: “La mente come servitore è ottima, come padrona è pericolosa. Quando l’intuitività della coscienza inizia a entrare in funzione, la mente immediatamente si accorge di chi è il padrone. E una volta riconosciuto il padrone, sarà un ottimo servo, molto efficiente. Perché è solo un meccanismo, può fare miracoli, ma ha bisogno di un padrone che la guidi”. 

Tutto dipende dalla presenza o meno in noi del vero padrone: la nostra consapevolezza. Che ha bisogno del giusto suolo per crescere, va alimentata e consolidata attraverso l’uso.
E cosa c’è di meglio di un enorme campo energetico ispirato dalla consapevolezza di un maestro come Osho per sostenere la nostra “padrona interiore”? Il grande Oshofestival di Bellaria è alle porte, è tempo di iscriversi.
E prima di vederci lì, ecco anche oggi due begli articoli tratti dal mensile Osho Times. Buona lettura, Akarmo

 

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